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Introduzione allo Shell Scripting

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Introduzione allo Shell Scripting

Domenico Delle Side

Copyright © 2002 Domenico Delle Side.
Permission is granted to copy, distribuite and/or modify this document under the terms of the GNU Free Documentation License, Version 1.1 or any later version published by the Free Software Foundation; with no Invariant Sections and with the Front-Cover Texts being ``Introduzione allo Shell scripting, Domenico Delle Side'' (any kind of text layout is allowed). A copy of the license is included in appendix ``A. GNU Free Documentation License''.




























A papà


Indice


Elenco delle figure


Elenco delle tabelle


1. Introduzione

Questo primo capitolo intende chiarire alcune convenzioni usate in questo documento ed allo stesso tempo fornire al lettore dei concetti introduttivi sull'uso della documentazione disponibile in ambiente Unix.


1.1 Perché questo documento

Chiunque abbia usato in maniera non passiva un calcolatore si sarà chiesto come questo riesca a distinguere le istruzioni che gli vengono impartite. Questo processo consiste nel prendere un input dall'utente, processarlo e darlo al calcolatore. In ambienti Unix/POSIX queste funzioni vengono svolte da un apposito software, la Shell o interprete di comandi .




Sfruttando le caratteristiche degli interpreti di comandi, è possibile realizzare semplici script in grado di automatizzare processi lunghi e noiosi. Si pensi a quanto fastidioso sarebbe dover convertire i nomi di 200 file tutti in lettere minuscole. Un lavoro improbo solo a pensarci. Grazie a poche righe di codice, però, questo problema può diminuire enormente la sua difficoltà ed essere svolto in pochi istanti. Un altro uso comune degli script di shell è quello di essere usati come banco di prova per progetti di software. Prima di realizzare un programma, si può cercare di farne un clone usando uno script, in modo da verificarne usabilità e funzionalità.




Questo testo si propone di fornire una semplice e concisa introduzione allo shell scripting, puntando maggiormente al lato pratico della questione. Allo stesso tempo, si cerca di colmare quella che per molti utenti italiani è una pecca del mondo GNU/Linux. Se escludiamo il magnifico lavoro svolto dal PLUTO e da Daniele Giacomini con i suoi Appunti di Informatica Libera, il panorama della documentazione in italiano è piuttosto desolato.




Il materiale è corredato da numerosi esempi; è auspicabile che il lettore li provi sulla propria macchina, cercando allo stesso tempo di personalizzarli. Si è scelto di non trattare singolarmete i comandi disponibili in un sistema Unix, questi verranno introdotti brevemente negli esempi, dandone una minima spiegazione. Il lettore interessato potrà consultare autonomamente la pagina manuale del comando in esame per approfondire le proprie conoscenze.




Per il momento, il lavoro intende essere un testo introduttivo, incompleto sotto molti aspetti; nonostante ciò, si spera che con il tempo e con le segnalazioni dei lettori possa crescere e diventare un punto di riferimento per ogni utente che desidera avvicinarsi all'argomento. Suggerimenti e critiche saranno sempre bene accetti, così come le considerazioni circa l'organizzazione dei contenuti. Per comunicare queste impressioni, scrivete a Domenico Delle Side (<nicodds@Tiscali.IT>).




FIXME: Scrivere qualcosa di più bello, questa introduzione non mi piace.


1.2 Requisiti minimi

Per leggere in maniera proficua il documento è necessario avere una minima familiarità con la linea di comando. Allo stesso tempo, occorrerebbe anche conoscere i vari comandi messi a disposizione dai sistemi Unix. Sono necessarie inoltre una buona dose di pazienza e di buona volontà.




Dal lato tecnico è anche necessario avere un buon editor di testi; il mio consiglio è di usare l'onnipotente Emacs , che ha tutto ciò di cui un programmatore possa avere bisogno. Un altro ottimo editor è vi , o la sua versione migliorata vim.




Un altro elemento essenziale è ovviamente avere una shell Bash. Alcuni degli argomenti trattati, infatti, sono caratteristici di questo particolare interprete di comandi e potrebbero non essere transponibili ad altre shell.


1.3 Convenzioni

Nel corso della discussione verranno usati caratteri differenti per sottolineare alcuni concetti. In particolare si userà il corsivo per i nomi di persone e di cose (e.g. Bash, Unix, Mario Rossi, ...); il grassetto per dare maggior peso ad una parola o ad un concetto in una frase.




Gli esempi di codice ed i comandi Unix saranno tutti scritti con un carattere tipo macchina da scrivere (e.g. #!/bin/bash, echo, ...). Ogni esempio sarà preceduto da un titoletto del tipo ``Esempio x.y.z''1.1 che lo numererà e seguito immediatamente da una sezione ``Come funziona:'' che ne chiarirà il funzionamento.


1.4 Pagine manuale

Una delle caratteristiche più affascinanti del mondo Unix è la quantità smisurata di informazioni che ne accompagnano il software. Ogni comando infatti possiede la sua pagina manuale (manpage) in cui vengono descritti brevemente il suo funzionamento, i parametri accettati, ecc ...




Accedere alla pagina manuale di un comando è piuttosto semplice, è sufficiente infatti digitare in un terminale il comando man nome_comando. Le pagine manuale sono divise in sezioni, ognuna riguardante un argomento specifico, in particolare:




Qualora il formato elettronico delle manpage fosse scomodo, si può facilmente stampare la pagina in questione con il l'istruzione man -t nome_comando | lpr, o man -t nome_comando > nome_comando.ps se si prefersice il formato postscript.




Se si ricerca la pagina manuale senza conoscere il nome esatto di un programma, si può tentare con i comandi apropos e whatis. Il primo cerca nel loro database comune per una specifica stringa, mentre il secondo per una parola.
Ad esempio:

[nico@deepcool nico]$ whatis whatis
whatis         (1)  - search the whatis database for complete words


1.5 Licenza

Il documento è rilasciato al pubblico sotto licenza GNU FDL (GNU Free Documentation License). Per i termini della licenza, si consulti l'appendice A.




Anche se molti di questi sono banali, tutti gli esempi sono rilasciati sotto licenza GNU GPL (GNU General Public License). Una copia della licenza può essere reperita all'indirizzo http://it.gnu.org/licenses/gpl.html.




Chi volesse avere maggiori informazioni sul progetto GNU e sui suoi successi può consultare direttamente il suo sito Internet presso http://www.gnu.org, una buona parte del quale viene tradotto e tenuto aggiornato in lingua italiana dal Gruppo dei Traduttori Italiani dei Testi del Progetto GNU (<http://www.softwarelibero.it/gnudoc/>).


1.6 Ringraziamenti

Un grazie a tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura di questo lavoro.


2. Sintassi, variabili ed operatori

In questo capitolo si daranno le basi sintattiche della shell Bash, dando ampio spazio alla trattazione delle variabili e dei parametri. Verranno anche presi in considerazione argomenti quali gli operatori più importanti della shell Bash e le condizioni.


2.1 Sintassi di base

Uno dei modi migliori di introdurre gli elementi sintattici degli script di shell è partire dai commenti. In Bash, come in altre shell Unix, i commenti vengono individuati dal carattere #. Per la precisione, tutto ciò che segue ed è sulla stessa riga di # è da considerarsi un commento. Ad esempio le linee seguenti rappresentano commenti:

# Questo è un commento che si estende su una linea
#
# Questo è un commento
# piazzato su due linee
#
funzione() # questo è un commento piazzato dopo una funzione
#
Una caratteristica essenziale di uno shell script è quella di dover sempre iniziare con un uno strano simbolo: #! (che non è un commento!). Questa combinazione di caratteri viene chiamata Shee-Bang e serve a specificare quale deve essere l'interprete delle istruzioni che seguono. Nel nostro caso, il primo rigo di ogni script sarà:
#!/bin/bash
# Shee-Bang seguito dal percorso completo dell'interprete
#
# Seguono le istruzioni dello script

...


2.1.1 Parole speciali

Prima di procedere oltre, chiariamo che con ``parola'' si intende una qualsiasi sequenza di uno o più caratteri che Bash interpreta come una singola entità. Ciò detto, Osserviamo che Bash riserva alcune parole (Per la maggior parte comandi) per attribuir loro un significato speciale. Queste sono:

! case do done elif else fi for function if in
select then until while { } time [[ ]]
Queste parole possono essere usate al di fuori del loro significato speciale, ma con le dovute accortezze. Ad esempio, è perfettamente legale2.1 utilizzare una delle parole riservate come argomento di un comando:
[nico@deepcool nico]$ echo if
if
[nico@deepcool nico]$ echo function
function
Un altro modo per utilizzare le parole elencate consiste nel racchiuderle tra virgolette (Anche apici, si tratta comunque di quoting) o nel farle precedere dal carattere `` $\mathtt{\backslash}$''(Escaping). In questo modo, la shell non andrà incontro ad alcuna ambiguità nell'interpretare le istruzioni.




I tempi sono ormai sufficientemente maturi per cimentarci in un primo script, proviamo con il classico ``Ciao mondo'':

Esempio 2.1.1

#!/bin/bash
#
# Ciao mondo con la shell Bash

EXIT_SUCCESS=0

echo -e "Ciao mondo\n"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Lo script2.2 inizia, come necessario, con #!/bin/bash, seguito da due commenti. Successivamente viene definita la variabile EXIT_SUCCESS assegnandole il valore 0. La riga seguente fa uso di un comando presente all'interno della shell; echo serve a stampare sullo schermo del testo (per ragioni di portabilità echo è fornito anche come comando esterno, tramite il pacchetto GNU Shell Utils). È stato usato con l'opzione -e che consente di interpretare correttamente la sequenza di escape $\backslash$n , che rappresenta un ritorno a capo. Per maggiori informazioni, si digiti in un terminale man echo. Lo script termina con la riga exit $EXIT_SUCCESS. Anche exit è un comando interno alla shell (Bash built-in command) e serve in un certo senso a stabilire una comunicazione tra lo script e l'ambiente in cui viene eseguito. Una volta terminato, infatti, il nostro script dirà alla shell che tutto è andato per il verso giusto (codice 0). È convenzione che il valore di ritorno di uno script, o qualsiasi altro programma, sia 0 in caso di riuscita, un qualsiasi altro numero in caso d'errore2.3. Ad esempio, se un comando non viene trovato, il valore di ritorno del processo è 127; se il comando viene trovato, ma non è eseguibile, il valore di ritorno è 126.




In questo primo script abbiamo incontrato alcune novità, una di queste è rappresentata dalla definizione di una variabile. Questo argomento sarà oggetto della prossima sezione.


2.2 Variabili

Spesso capita di cucinare e di conservare le pietanze in contenitori per poi usarle in futuro. La shell fornisce ``contenitori'' analoghi, le variabili, nelle quali è possibile memorizzare valori per usarli in futuro o per maneggiarli più agevolmente.


2.2.1 Variabili locali

Nella sezione precedente abbiamo avuto già un primo incontro con le variabili. Abbiamo imparato in particolare come dichiararne una ed assegnarle un valore:
EXIT_SUCCESS=0
Figura 2.1: Schematizzazione dell'assegnazione di una variabile
\includegraphics[scale=0.6]{fig/var}
In fase di assegnazione, occorre fare attenzione a non lasciare spazi tra il nome della variabile il segno = ed il valore, in caso contrario la shell interpreterebbe = come un operatore (cfr. pag. [*], sez. 2.4). Un altro modo di assegnare una variabile fa uso del comando read , un'altro comando interno della Bash. Ad esempio, il seguente codice legge dalla tastiera un valore e lo assegna alla variabile $VAR:
read VAR
Si noti che nel dichiarare una variabile occorre sempre usarne il nome privo del simbolo ``$'', che va invece usato quando si deve far riferimento ad essa. Chiariamo la questione con un esempio:

Esempio 2.2.1

#!/bin/bash
#
# Dichiarazione di variabili

EXIT_SUCCESS=0
NOME=Nico

echo "Il mio nome è $NOME, il tuo?"
read TUO_NOME
echo "Ciao $TUO_NOME, buon divertimento con la shell!"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Lo script inizia con il solito #!/bin/bash (d'ora in poi non lo faremo più notare) e subito dopo vengono definite le variabili $EXIT_SUCCESS e $NOME2.4.




L'istruzione echo, successivamente, stampa sullo schermo il testo Il mio nome è Nico, il tuo? ed attende finché non viene scritto qualcosa e poi premuto il tasto return(RET). L'input letto dalla tastiera con read viene assegnato alla variabile $TUO_NOME che viene usata per stampare un messaggio di cortesia. Lo script ritorna alla shell il valore 0.


2.2.2 Variabili d'ambiente

Le variabili che abbiamo incontrato fino ad ora cessano di esistere non appena lo script termina. Nonostante ciò, esistono alcune variabili, dette d'ambiente che conservano nel tempo il loro valore. Tali variabili sono accessibili all'utente attraverso la parola chiave export2.5 in modo da garantirne un uso corretto. Occorre comunque notare che, anche usando export all'interno di uno script su di una variabile d'ambiente, i cambi a tale variabile rimarranno locali allo script e non si estenderanno alla shell che lo ha eseguito. Ciò accade perché uno script può esportare variabili solo ai suoi processi figli, cioè alle istruzioni in esso presenti. Risulta ovvio a questo punto che le variabili d'ambiente sono variabili impostate primordialmente dalla shell o altri programmi (Ad esempio login e telnet) e sono fruibili dai suoi processi figli (i comandi, gli script, ...).




Una lista di variabili globali può essere ottenuta digitando in console l'istruzione set. Alcune delle variabili più comuni sono2.6:




Cerchiamo di saperne di più.

Esempio 2.2.2

#!/bin/bash
#
# Uso delle variabili d'ambiente

EXIT_SUCCESS=0

echo "Informazioni sul sistema:"
echo -e "hostname:\t$HOSTNAME"
echo -e "hardware:\t$HOSTTYPE"
echo -e "OS:\t$OSTYPE\n"

echo "Informazioni sull'utente:"
echo -e "logname:\t$LOGNAME"
echo -e "homedir:\t$HOME"
echo -e "shell:\t$SHELL"
echo -e "path:\t$PATH\n"

echo -e "Directory di esecuzione: $PWD\n"

echo "Esportiamo un nuovo PATH..."

export PATH=${PATH}:/usr/games

echo -e "...il nuovo PATH è:\n$PATH"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Lo script acquisisce alcuni dati tramite delle variabili d'ambiente stampandoli sullo schermo grazie al comando echo. È da notare l'uso della sequenza di escape $\backslash$t, che corrisponde ad un TAB . Per far interpretare correttamente la sequenza di escape, è necessario racchiudere tra virgolette la stringa che la contiene. Le righe seguenti ci insegneranno molto. Prima di tutto possiamo notare l'uso di export:
export NOME_VARIABILE=valore_della_variabile
o, equivalentemente
NOME_VARIABILE=valore_della_variabile
export NOME_VARIABILE
Un'altra novità è rappresentata dall'uso della scrittura ${PATH}. In realtà, questo è il vero modo per riferirsi ad una variabile, in genere si preferisce la più comoda forma $PATH, ma questa deve essere subito abbandonata quando si corre il rischio di incappare in ambiguità.




Come si può vedere dall'output dello script, il contenuto di $PATH sembra essere variato, ma se, finito lo script, digitiamo in terminale echo $PATH, possiamo renderci conto che il cambio della variabile è rimasto confinato nello ``spazio'' di esecuzione dello script.




Proviamo ora una versione leggermente modificata e più breve dello script precedente.

Esempio 2.2.3

#!/bin/bash
#
# ancora sulle variabili

EXIT_SUCCESS=0

echo "Informazioni sul sistema:"
echo -e "hostname:\t$(hostname)"
echo -e "hardware:\t$(uname -m)"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Come si può notare eseguendolo, il risultato di questo script è pressocché identico al precedente, la differenza sostanziale sta nel codice. Anziché utilizzare variabili d'ambiente, questa volta si è usato come variabile l'output del comando hostname prima e uname -m poi. Tali comandi sono stati racchiusi all'interno della combinazione di simboli $(...)2.7 che rappresenta per la Bash una sorta di variabile temporanea in cui memorizzare il risultato visibile di un comando (In realtà, ciò che si realizza è un'espansione di comandi).


2.3 Parametri

Un parametro è un'entità che immagazzina un valore; può essere indicato tramite un nome, un numero o un carattere speciale. Vediamo in questo modo che i parametri sono una generalizzazione delle variabili, infatti una variabile è un caso di parametro identificato da una parola.




Immaginiamo di lanciare un nostro script in maniera un po' differente, supponiamo di farlo scrivendo in un terminale:

[nico@deepcool intro]$ ./script param1 param2 param3
Come sfrutterà lo script queste informazioni aggiuntive? Ritornerà un errore?
Chiariamo il tutto con un esempio.

Esempio 2.3.1

#!/bin/bash
#
# Utilizzo dei parametri posizionali

EXIT_SUCCESS=0

echo "Hai inserito ${1}, $2 e $3 per un totale di $# parametri"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Lo script si sviluppa su un'unica riga; $12.8, $2 ed $3 rappresentano rispettivamente il primo, secondo e terzo parametro passato allo script, mentre $# contiene il numero di parametri passati.




Proviamo ad eseguire lo script:

[nico@deepcool intro]$ ./script param1 param2 param3
Hai inserito param1, param2 e param3 per un totale di 3 parametri
Sembra funzionare bene, ma cosa succederebbe se inserissimo quattro parametri anziché tre? Per il momento lasciamo in sospeso questa domanda, promettendo di occuparcene più in avanti nel capitolo 3.




I parametri disponibili all'interno di uno script non si esauriscono di certo qui, alcuni ulteriori sono2.9:




È importante chiarire la differenza che corre tra $* e $@; la prima scrittura fornisce tutti i parametri posizionali visti come un'unica parola, mentre la seconda fornisce tutti i parametri posizionali ognuno come singola parola. Questa distinzione sarà importante in futuro.


2.3.1 Espansione di parametri

In precedenza, abbiamo già incontrato la forma ${VARIABILE} (sezione 2.2.2) ed abbiamo affermato che questo è il modo più generale per riferirsi ad una variabile. Tuttavia, il simbolo ${ ... } ha un ruolo ben più importante, poiché rappresenta la forma più generale per consentire alla shell di espandere parametri. Nel caso di ${VARIABILE} il parametro è la variabile $VARIABILE e l'espansione è il suo valore.




Vediamo ora alcune delle altre forme di espansione offerte dalla shell Bash.


2.4 Operatori e condizioni

Una condizione è un particolare avvenimento per il quale è lecito domandarsi se sia vero o meno. Le condizioni fanno parte della vita quotidiana di ogni persona; ogni nostra azione, ad esempio, ha luogo solo in virtù di determinate circostanze. Se vediamo l'indicatore del carburante nella zona rossa, è del tutto naturale andare a fare rifornimento; ciò accade perché abbiamo valutato la condizione fornitaci dalla lancetta dell'indicatore. La shell Bash, pur non funzionando a benzina, fa altrettanto; valuta le condizioni che le vengono fornite ed agisce di conseguenza.




Valutare una condizione è una caratteristica essenziale per ogni linguaggio di programmazione, pertanto verranno elencati alcuni degli operatori più importanti della shell Bash.


2.4.1 Operatori su numeri

Divideremo gli operatori che agiscono su numeri in due classi:
-
Operatori di confronto:
quelli che eseguono un controllo circa l'ordine tra due numeri.
-
Operatori aritmetici:
quelli che manipolano i numeri per ottenerne di nuovi.


2.4.1.1 Operatori di confronto

I seguenti sono operatori binari su numeri, ovvero agiscono su 2 numeri


2.4.1.2 Operatori aritmetici

Oltre alle 4 operazioni, la shell Bash è dotata di altri operatori aritmetici, molti dei quali sono simili a quelli del C. La shell consente di eseguire calcoli utilizzanto alcune sintassi particolari. Occorre, però, notare che è possibile eseguire solo operazioni su numeri interi; per questo motivo, il risultato di calcoli come 2 / 3 viene arrotondato al più grande intero minore o uguale al risultato (Parte intera). Per effettuare calcoli con numeri in virgola mobile, si può utilizzare il comodo programma bc .




Il calcolo di operazioni aritmetiche può essere effettuato utilizzando il comando expr , o il comando interno let , oppure racchiudendo l'espressione da valutare nel simbolo $(( ... )) (Espansione aritmetica). Inoltre, possono anche essere usata la forma (( ... )), che non produce alcun output, ma valuta solamente l'espressione aritmetica contenuta al suo interno.

Esempio 2.4.1

#!/bin/bash
#
# Esecuzione di calcoli
EXIT_SUCCESS=0

echo $(( 2 / 3 ))
echo $(( 5 + 5 / 2 ))
echo $(( $(( 5 + 5 )) / 2 ))
echo $(( 2 ** 8 ))

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

L'esempio riportato illustra l'uso di alcuni semplici operatori aritmetici e del simbolo $(( ... )). Le precedenze tra gli operatori sono uguali a quelle usate comunemente, ad esempio 5 + 5 / 2 equivale a 5 + (5 / 2).
L'esempio ci dice anche che è possibile annidare più simboli $(( ... )) nel calcolo di una espressione.




Si tenga presente che sono legali anche le forme ``alla C'' +=, -=, *=, /= e %=; queste devono essere interpretate come:

VARIABILE_1(OP)=$VARIABILE_2
        equivale a
VARIABILE_1=$(( $VARIABILE_1 (OP) $VARIABILE_2 ))
dove (OP) è uno tra +, -, *, / e %.

Esempio 2.4.2

#!/bin/bash
#
# Esecuzione di calcoli (2)
EXIT_SUCCESS=0

VARIABILE=10

echo $VARIABILE

(( VARIABILE+=10 ))

echo $VARIABILE

(( VARIABILE/=10 ))

echo $VARIABILE

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

L'esempio illustra l'uso delle forme (OP)= nonché quello di (( ... )). La forma (( ... )), come detto, non produce alcuna espansione, ma si limita a modificare il valore di $VARIABILE.


2.4.2 Operatori logici

Di seguito saranno riportati gli operatori logici forniti dalla shell Bash e se ne chiarirà il significato nella sezione 2.6.


2.4.3 Operatori su stringhe

Riportiamo gli operatori su stringhe; la maggior parte è binaria, solo due operatori sono unari.




Per usare < e > occorre fare attenzione a precederli con il carattere di escape `` $\mathtt{\backslash}$''o racchiuderli tra virgolette (O apici), la shell altrimenti li interpreterebbe come operatori di input/output, come vedremo nella sezione 2.4.5


2.4.4 Operatori su file

Gli operatori su file sono per la maggior parte operatori unari (accettano un solo input), tranne gli ultimi 3 di questa lista, che sono binari. Ritornano tutti un valore booleano (vero o falso) a seconda che il test effettuato abbia avuto successo o meno.


2.4.5 Semplici operatori di Input/Output

Verranno elencati ed introdotti alcuni semplici e fondamentali operatori per gestire l'I/O (Input/Output) di programmi, in modo da rendere più divertenti gli esempi.

2.4.5.1 | (pipe)

L'operatore | (pipe, tubo) consente di trasformare l'output di un comando in input di un altro. Volendo essere più specifici, si può dire che tale operatore consente di rendere standard input di un programma lo standard output di un altro. L'utilità di tale operatore è inestimabile.




Consideriamo il comando

[nico@deepcool nico]$ cat /etc/passwd | grep bash
root:x:0:0:root:/root:/bin/bash
nico:x:500:500:Domenico Delle Side:/home/nico:/bin/bash
ed analizziamo cosa è accaduto. cat è un programma che stampa sullo standard output (lo schermo nel nostro caso) il contenuto dei file passati come argomento. grep, invece, serve per ricercare una particolare espressione all'interno di un testo che può essere contenuto in un file oppure scritto sullo standard input. La sequenza di comandi data, dunque, si può riassumere dicendo che attraverso |, il contenuto del file /etc/passwd viene passato a grep che cerca poi all'interno del testo la parola bash.

2.4.5.2 <

L'operatore < consente di reindirizzare il contenuto di un file facendolo diventare, ad esempio, standard input di un comando. Il comando
[nico@deepcool nico]$ mail nico < /etc/passwd
fa comparire per incanto nella mia casella locale di posta il contenuto del file /etc/passwd.

2.4.5.3 > e »

Gli operatori > e » svolgono entrambi un compito circa analogo, ambedue infatti si occupano del reindirizzamento di un output. Questi operatori possono essere utilizzati per scrivere il risultato di un comando in un file, tuttavia, presentano una piccola differenza, chiariamo il tutto con un esempio.
[nico@deepcool nico]$ man bash > bash
[nico@deepcool nico]$ ls -lh bash
-rw-rw-r--    1 nico     nico         293k Jul 24 19:59 bash
[nico@deepcool nico]$ man bash >> bash
[nico@deepcool nico]$ ls -lh bash
-rw-rw-r--    1 nico     nico         586k Jul 24 19:59 bash
[nico@deepcool nico]$ man bash > bash
[nico@deepcool nico]$ ls -lh bash
-rw-rw-r--    1 nico     nico         293k Jul 24 19:59 bash
Analizziamo ciò che è accaduto. Il primo comando man bash > bash reindirizza lo standard output del comando man all'interno del file /home/nico/bash; dato che tale file non esisteva in precedenza, > si occupa di crearlo. Il risultato finale è, come è possibile vedere attraverso il comando ls -lh, un file di testo da 293 Kb contenente la pagina manuale di bash.
Il comando successivo, man bash » bash, opera lo stesso reindirizzamento, tutavia, constatando che il file /home/nico/bash è già esistente, lo apre aggiungendo l'output di man bash al testo già presente nel file. Come era ovvio aspettarsi, otteniamo un file di dimensione doppia (586 Kb).
Se eseguiamo nuovamente man bash > bash, noteremo che il file originario è stato troncato e poi sovrascritto.


2.4.6 Operatori su bit

Prima di trattare questo argomento, occorre fare una piccola trattazione sulla rappresentazione binaria dell'informazione.

2.4.6.1 Rappresentazione binaria

All'interno di un calcolatore, l'informazione è rappresentata a livello di tensione che può ``accendere'' o ``spegnere'' determinati circuiti. Di conseguenza, ogni informazione può essere convenientemente espressa in termini di due stati che descrivono la situazione in cui si trovano degli ipotetici interruttori che azionano tali circuiti. Per convenzione, si indicano queste configurazioni con 1 (acceso) e 0 (spento).
Ogni informazione presente in un calcolatore è dunque rappresentata da sequenze di numeri del tipo 1011001011010001, in cui ogni istanza di 1 o 0 rappresenta un bit , ovvero l'unità di memoria elementare di un calcolatore. Ad esempio, anche i numeri naturali vengono rappresentati sotto forma binaria (0 = 0000, 1 = 0001, 2 = 0010, 3 = 0011, 4 = 0100, 5 = 0101, 6 = 0110, 7 = 0111, 8 = 1000, 9 = 1001, ecc...).
Gli operatori su bit consentono di eseguire operazioni direttamente su queste quantità. Elenchiamo di seguito quelli offerti dalla shell Bash:

Presentiamo ora un simpatico esempio.

Esempio 2.4.3

#!/bin/bash
#
# Potenze del due tramite operatori su bit. 

EXIT_SUCCESS=0

echo "Inserisci l'esponente della potenza di 2 che vuoi conoscere"
echo "(vale solo per esponenti positivi): "

read ESPONENTE

echo "2^($ESPONENTE) vale: $(( 2 << $(( $ESPONENTE - 1 )) ))"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Lo script sfrutta una nota proprietà dello spostamento di un bit a sinistra, questa operazione, infatti, equivale alla moltiplicazione per due del numero dato. In questo modo è possibile ottenere in maniera molto veloce le potenze di due, spostandosi a sinistra di un numero pari all'esponente diminuito di una unità (il primo due lo abbiamo già, quindi dobbiamo toglierlo).


2.5 Liste di comandi

Uno delle caratteristiche più utili delle shell Unix è la possibilità di poter concatenare dei comandi e condizionare agevolmente l'esecuzione di uno in luogo dell'altro. Questa possibilità è offerta da una serie di operatori elencati di seguito.


2.6 Uso degli operatori

Dopo aver passato in rassegna i più importanti operatori offerti dalla shell Bash, vediamo come utilizzarli con maggiore dettaglio.




Innanzitutto, occorre capire come è possibile valutare una condizione, cioè come eseguire dei test. Niente di più facile, esiste il comando interno test che da alla shell la possibilità di valutare la veridicità della condizione che gli si fornisce. Accanto a test, esiste anche il simbolo [ ... ] che consente alla shell di valutare la condizione interna. Esiste anche una terza via per valutare condizioni ed è fornita da [[ ... ]], analogo ai precedenti e con qualche facilitazione aggiunta (consultare la pagina manuale o il manuale info di Bash per maggiori informazioni), tuttavia è presente solo sulle versioni più recenti di Bash (dalla versione 2.02). Inoltre, è meglio non mettere troppa carne al fuoco; in questo momento sarete così presi da questa interessantissima ed avvincente guida che rischiereste di bruciarla, un vero peccato!




Come primo esempio, vediamo come è possibilire utilizzare gli operatori logici e le differenze che corrono tra loro. Prima di tutto occorre esaminare come si compongono le condizioni con AND, OR e gli operatori di lista. Un AND logico è vero se e solo se sono vere tutte le condizioni che lo compongono, mentre un OR è falso se e solo se sono false tutte le condizioni che lo compongono (quindi vero negli altri casi).

Esempio 2.6.1

#!/bin/bash
#
# Uso degli operatori logici

EXIT_SUCCESS=0

[ -e $HOME/.bashrc ] && echo "Nella mia home è presente .bashrc"
[ ! -e $HOME/non_esisto ] && echo "Il file non_esisto non esiste!"

[ ! -e $HOME/.bashrc ] || echo "Nella mia home è presente .bashrc"
[ -e $HOME/non_esisto ] || echo "Il file non_esisto non esiste!"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Per ogni riga di codice, a meno di situazioni strane, l'esempio stamperà sullo schermo il relativo messaggio. Vediamo in dettaglio cosa accade. \fbox{\texttt{[ -e \texttt{\$HOME}/.bashrc ]}} verifica la presenza del file .bashrc nella home directory di chi lo esegue, poiché questa guida è basata sulla shell Bash, è ragionevole supporre che questo file esista, dunque la condizione sarà vera. In questa situazione, l'operatore && si preoccuperà di eseguire il comando seguente echo ``Nella mia home è presente .bashrc'' , che stamperà sullo schermo il messaggio ritornando un valore di successo. La seconda condizione ( \fbox{\texttt{[ ! -e \texttt{\$HOME}/non\_esisto ]}}) valuterà la non esistenza, nella home directory dell'esecutore, del file non_esisto; non è un nome di file comune quindi non dovrebbe esistere pertanto negando la condizione attraverso l'operatore ! otterremo una condizione vera e verrà pertanto stampato sullo schermo il messaggio successivo, come prima.




Sappiamo già che in $HOME esiste .bashrc, dunque il contrario è falso, pertanto nella riga successiva, l'operatore || consentirà l'esecuzione del comando successivo, stampando il messaggio sullo schermo. Analogamente, il test successivo è falso e verrà nuovamente stampato un messaggio sullo schermo.

Esempio 2.6.2

#!/bin/bash
#
# Uso degli operatori logici (2)

EXIT_SUCCESS=0

[ -e $HOME/.bashrc -a ! -e $HOME/non_esisto ] && \
   echo "Nella mia home esiste .bashrc e non c'è non_esisto"

[ -e $HOME/non_esisto -o -e $HOME/.bashrc ] && \
   echo "Nella mia home non c'è non_esisto, ma si trova .bashrc"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

In questo esempio capiamo la differenza che corre rispettivamente tra gli operatori ``-a - &&'' e ``-o - ||''. Infatti, -a e -o sono operatori che collegano logicamente delle condizioni all'interno di un test, mentre && e || collegano ``logicamente'' dei comandi2.10. In altre parole \fbox{\texttt{-e \$HOME/.bashrc -a ! -e
\$HOME/non\_esisto}} è una condizione composta tramite l'operatore logico -a (AND) e risulta vera quando tutte le sotto-condizioni che la compongono sono vere. Allo stesso modo, anche \fbox{\texttt{-e \$HOME/non\_esisto -o -e \$HOME/.bashrc}} è una condizione composta, questa volta tramite l'operatore logico -o (OR) e risulta vera quando almeno una delle due sotto-condizioni è vera.




Gli operatori && e ||, invece, collegano comandi in base al loro valore di ritorno, come abbiamo visto nell'esempio precedente.


3. Strutture di controllo

In questo capitolo verranno introdotti i cicli e le istruzioni di selezione, i mattoni da costruzione di ogni linguaggio di programmazione.


3.1 Cicli

Succede non di rado di dover ripetere un'istruzione nel tempo; questa operazione è fondamentale in ogni progetto di software. La shell Bash, mette a disposizione 3 tipi di ciclo differenti: while, for e until.

3.1.1 while

Il ciclo while consente di eseguire un blocco di istruzioni fino a quando una certa condizione è vera. La verifica della condizione viene effettuata attraverso il comando test, oppure racchiudendo la condizione tra parentesi quadre, [...]. Un esempio renderà il tutto più chiaro.

Esempio 3.1.1

#!/bin/bash
#
# ciclo while e condizioni

EXIT_SUCCESS=0

while [ "$RISPOSTA" != "q" ]
do
      echo "Premi un tasto (per uscire \"q\"):"
      read RISPOSTA
done

# avremmo potuto scrivere equivalentemente:
#
# while test "$RISPOSTA" != "q"
# do
#       echo "Premi un tasto (per uscire \"q\"):"
#       read RISPOSTA
# done

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

L'esempio precedente ha introdotto numerose novità. Innanzi tutto abbiamo visto come utilizzare il ciclo while:

while [ condizione ]
do
      istruzioni
done
Usando la lingua parlata, possiamo dire che tale ciclo consiste in ``finché è vera la condizione in parentesi quadre, esegui le istruzioni contenute tra do e done''. Nel caso in esame, la condizione da verificare è \fbox{\texttt{\lq\lq \$RISPOSTA'' != \lq\lq q''}}. Sottolineamo come prima cosa che le virgolette giocano un ruolo fondamentale, soprattutto quelle relative alla variabile $RISPOSTA; se infatti avessimo scritto \fbox{\texttt{\$RISPOSTA !=
\lq\lq q''}}, la shell avrebbe interrotto l'esecuzione dello script ritornando un messaggio (ed anche un codice3.1) d'errore:

[nico@deepcool intro]$ ./script
./script: [: !=: unary operator expected
Ciò accade perché all'atto della prima valutazione della condizione presente nel ciclo, la variabile $RISPOSTA non è definita, ovvero si ha una condizione del tipo

...
while [  != "q" ]
...
e la shell non è in grado di interpretarla correttamente. La variabile $RISPOSTA ha infatti un valore nullo (null - value) e la shell non riesce a valutare la condizione dato che in queste condizioni si aspetterebbe la presenza di un operatore unario (!= non lo è!). Sono fondamentali gli spazi lasciati dopo [ e prima di ], poiché questi consentono alla shell di interpretare correttamente l'uso delle parentesi quadre per valutare una condizione.




Passiamo ora ad analizzare il funzionamento del ciclo. Alla sua prima esecuzione, la condizione \fbox{\texttt{\lq\lq \$RISPOSTA'' != \lq\lq q''}} è vera poiché la la variabile contiene una stringa vuota, dunque vengono eseguite le istruzioni comprese tra do e done. Nel nostro caso viene stampato sullo schermo un messaggio e poi si aspetta per acquisire un input dall'utente (read RISPOSTA). Acquisito l'input, la condizione viene rivalutata e, qualora risulti nuovamente vera, viene ripetuto il blocco di istruzioni. Non appena l'utente avrà premuto il tasto ``q'', lo script uscirà dal ciclo ed eseguirà l'istruzione successiva (exit $EXIT_SUCCESS).




Per ragioni stilistiche, spesso il ciclo while assume una forma lievemente diversa diventando:

while [ condizione ]; do
      istruzioni
done
Tale scrittura è consentita poiché la shell Bash prevede, anche se non lo impone, che ``;'' funga da separatore di istruzioni. Allo stesso modo, sarebbe perfettamente legale la scrittura
while [ condizione ]; do istruzioni; done
Si noti inoltre che l'uscita dal ciclo può verificarsi anche quando uno dei comandi interni ad esso riporta un valore di ritorno differente da zero (condizione di errore).




Nella sezione 2.3 abbiamo avuto a che fare con i parametri posizionali e ci siamo posti il problema di come fare a fornirne allo script un numero arbitrario. La questione può essere risolta facendo ricorso al comando interno shift .




La sintassi del comando è \fbox{\texttt{shift [N]}}, dove N è un naturale; con ciò si forza lo spostamente a sinistra della posizione del parametro posizionale di N posti. Qualora N non fosse passato, si assume che lo spostamento sia di una unità; se invece N è zero o un numero maggiore di $#, allora non viene intrapresa alcuna azione sui parametri. L'operazione non modifica il valore di $0. Vediamo quindi come modificare l'esempio 2.3.1.

Esempio 3.1.2

#!/bin/bash
#
# Utilizzo dei parametri posizionali (2)

EXIT_SUCCESS=0

TOTALE=$#
echo -n "Hai inserito "

while [ -n "$1" ]; do
    echo -n "$1 "
    shift
done

echo "per un totale di $TOTALE parametri"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Come prima cosa, mostriamo di aver detto la verità:

[nico@deepcool nico]$ ./shift.sh param1 param2 param3 param4
Hai inserito param1 param2 param3 param4 per un totale di 4 parametri
Lo script non conosceva a priori il numero di parametri inseriti, ma si è comportato in maniera corretta elencando uno ad uno i parametri passati e scrivendone il loro numero.




Analizziamo ora quanto accaduto. Alla prima iterazione del ciclo, viene stampato sullo schermo il valore di $1 e successivamente eseguita l'istruzione shift (Lo spostamento per tanto è di una posizione). In questo modo, a $# viene assegnato il valore $# - 1 ed il vecchio $2 diventa $1. Da ciò si capisce il motivo dell'assegnazione \fbox{\texttt{RITORNO=\$\char93 }}, se avessimo utilizzato il parametro $# dopo l'esecuzione del ciclo per ottenere il numero totale di parametri passati allo script, avremmo ottenuto il valore 0, poiché il contenuto di $# sarebbe stato nel frattempo modificato da shift.


3.1.2 for

Il ciclo for della shell Bash è nettamente differente da quello presente in altri linguaggi di programmazione, la sua sintassi è infatti:

for ELEMENTO in LISTA
do
    istruzioni
done
In lingua corrente potrebbe essere reso con ``per ogni ELEMENTO presente in LISTA esegui i comandi compresi tra do e done''. Possiamo già notare una importante caratteristica; il ciclo for consente di definire una variabile, proprio come read e l'assegnazione tramite l'operatore =. Consideriamo il seguente esempio.

Esempio 3.1.3

#!/bin/bash
#
# Esempio d'uso del ciclo for

EXIT_SUCCESS=0

for file in $(ls $PWD); do
    echo $file
done

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

All'inizio, il ciclo inizializza una nuova variabile $file al primo elemento della lista $(ls $PWD)3.2 e successivamente stampa sullo schermo il contenuto di tale variabile. Questo processo continua fino a quando non vengono esauriti gli elementi presenti nella lista. La lista di elementi deve essere composta da una serie di parole separate dal separatore (eventualmente più di uno) standard $IFS. È possibile definire un separatore standard personalizzato, in modo da processare qualsiasi tipo di lista.

Esempio 3.1.4

#!/bin/bash
#
# $IFS personalizzato

EXIT_SUCCESS=0
LISTA_1="uno:due:tre:quattro:cinque:sei:sette:otto:nove:dieci"
LISTA_2="1 2 3 4 5 6 7 8 9 10"
OLD_IFS="$IFS"

export IFS=":"

# Primo ciclo
for i in $LISTA_1; do
    echo $i
done

export IFS="$OLD_IFS"

# Secondo ciclo
for j in $LISTA_2; do
    echo $j
done

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

L'esempio mostra come sia possibile sfruttare la personalizzazione di $IFS per avere maggiore flessibilità nel processare una lista. Dapprima vengono create le liste $LISTA_1 e $LISTA_2 mentre la variabile $OLD_IFS viene inizializzata al valore di $IFS. Successivamente il separatore standard viene cambiato in ``:'' ed esportato in modo da renderlo disponibile ai processi figli dello script. A questo punto il primo ciclo for processa la prima lista separandone gli elementi in base alla presenza di ``:'' per poi stamparli. All'uscita,$IFS viene esportata riassumendo il suo valore originario, in modo da processare la seconda lista e stamparne gli elementi, come nell'esempio precedente.




Ormai dovrebbe essere chiara la differenza tra i parametri $* e $@. Infatti la prima scrittura fornisce una lista con singolo elemento, mentre la seconda ritorna una lista contenente tutti i parametri passati allo script.

Esempio 3.1.5

#!/bin/bash
#
# Uso di $* e $@

EXIT_SUCCESS=0

echo "Inizia il primo ciclo:"
for i in "$*"; do
    echo $i
done
echo -e "Il primo ciclo è finito\n"

echo "Inizia il secondo ciclo:"
for i in "$@"; do
    echo $i
done
echo "Il secondo ciclo è finito"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

L'output dello script è più eloquente di ogni spiegazione:
[nico@deepcool intro]$ ./script param1 param2 param3 param4 param5 
Inizia il primo ciclo:
param1 param2 param3 param4 param5
Il primo ciclo è finito

Inizia il secondo ciclo:
param1
param2
param3
param4
param5
Il secondo ciclo è finito




Con oppurtuni accorgimenti, possiamo ottenere un ciclo for analogo a quello del C.

Esempio 3.1.6

#!/bin/bash
#
# un for da C!

EXIT_SUCCESS=0

for i in $(seq 1 10); do
    echo $i
done

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Sfruttando l'utility seq (man seq per fugare ogni dubbio relativo al suo utilizzo) siamo riusciti ad ottenere un ciclo for che itera le sue istruzioni alla stessa maniera del for del C; seq 1 10 infatti restituisce una lista contenente i numeri da 1 a 10 (estremi inclusi).


3.1.3 until

Il ciclo until è simile al while,

until [ CONDIZIONE ]
do
      COMANDI
done
l'unica differenza risiede nel fatto che i comandi compresi tra do e done vengono ripetuti fino a quando la condizione che si verifica è falsa. In lingua italiana, il ciclo until suonerebbe come: fino a quando CONDIZIONE non è vera esegui COMANDI. Consideriamo l'Esempio 3.1.1 modificandolo opportunamente.

Esempio 3.1.7

#!/bin/bash
#
# ciclo until e condizioni

EXIT_SUCCESS=0

until [ "$RISPOSTA" = "q" ]; do    
      echo "Premi un tasto (per uscire \"q\"):"
      read RISPOSTA
done

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Il comportamento dello script è del tutto analogo a quello dell'Esempio 2.4.1, in questo caso, però, l'iterazione avviene utilizzando un ciclo until, per questo motivo la condizione da valutare è stata cambiata. Mentre in 2.4.1 questa era \fbox{\texttt{\lq\lq \$RISPOSTA'' != \lq\lq q''}}, nel presente deve essere negata in modo da funzionare correttamente. Si ottiene dunque \fbox{\texttt{\lq\lq \$RISPOSTA'' = \lq\lq q''}}.


3.2 Istruzioni di selezione

Le istruzioni di selezione, come i cicli, servono a controllare l'esecuzione di blocchi di codice.




Abbiamo visto in precedenza che il contenuto di un ciclo viene eseguito a seconda della veridicità della condizione; un comportamento del tutto analogo si applica anche in questo caso, con la sola differenza che non esiste alcuna iterazione del codice interno all'istruzione.




La selezione è utile, ad esempio, tutte quelle volte in cui si deve prendere una decisione a seconda del valore di una variabile o altra condizione.


3.2.1 if

L'istruzione if consente di eseguire un blocco di codice se una condizione è vera. Come è da aspettarsi, la condizione può essere valutata sia con [ ... ], sia con test 3.3. Come da nostra tradizione, consideriamo un semplice esempio per illustrarne il funzionamento:

Esempio 3.2.1

#!/bin/bash
#
# Un semplice esempio d'uso per if

EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1

echo "Ti sta piacendo la guida? (si/no)" 

read RISPOSTA

if [ "$RISPOSTA" != "si" -a "$RISPOSTA" != "no" ] ; then
   echo "Rispondi solo con un si o con un no"
   exit $EXIT_FAILURE
fi

if [ "$RISPOSTA" == "no" ] ; then
   echo "Vai in castigo!" 
   exit $EXIT_FAILURE
fi

echo "Tu si che sei un bravo ragazzo!" 

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Procediamo con l'analisi dell'esempio riportato. Come prima cosa, vengono definite due fariabili $EXIT_SUCCESS ed $EXIT_FAILURE che serviranno a specificare il valore di ritorno del nostro script alla shell. Successivamente viene presentata una domanda alla quale occorre rispondere con un si o cono un no. Il primo controlla che $RISPOSTA non sia diversa da ``si'' o ``no''. La condizione tra [ ... ] è infatti un AND logico e risulta verà se e solo se sono vere le due condizioni che la compongono. La condizione è dunque vera solo quando risposta è diversa sia da ``si'', sia da ``no''. In tale evenienza, viene eseguito il codice interno, ovvero viene stampato un messaggio di cortesia (Rispondi solo con un si o con un no) e si termina l'esecuzione ritornando un codice d'errore.




Qualora si fosse risposto correttamente, la shell determina quale sia stata la risposta; il secondo if, infatti, serve a verificare se la risposta è stata un no, in tal caso stampa sullo schermo un cortese invito (!) all'esecutore e ritorna all'ambiente d'esecuzione un codice d'errore. Se, invece, la risposta non è ``no'', allora sarà sicuramente un ``si'' (non c'è altra possibilità), perciò verrà scritto sullo schermo che chi l'ha eseguito è un bravo ragazzo (!) e lo script terminerà ritornando un valore di successo.




Anche qui vediamo di sintetizzare e rendere in lingua italiana l'istruzione.

if [ CONDIZIONE ] ; then
   COMANDI
fi
Pertanto, possiamo ``leggere'' un if come Se è vera CONDIZONE, allora esegui tutti i COMANDI compresi tra then e fi.


3.2.2 if - else

Può accadere di arrivare ad un punto in uno script in cui occorre fare due operazioni differenti a seconda che una certa condizione sia vera o meno. Ciò è simile a quanto fa ogni persona quando si trova in un punto in cui la strada si biforca e deve decidere dove andare. Ad esempio, un automobilista potrebbe fare questo ragionamento ``Se andando a sinistra giungo a destinazione, allora procedo in quella direzione, altrimenti giro a destra''.




Riconsideriamo l'esempio 3.2.1 e proviamo a scriverlo in modo diverso.

Esempio 3.2.2

#!/bin/bash
#
# Un semplice esempio d'uso per if - else

EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1

echo "Ti sta piacendo la guida? (si/no)" 

read RISPOSTA

if [ "$RISPOSTA" != "si" -a "$RISPOSTA" != "no" ] ; then
   echo "Rispondi solo con un si o con un no"
   exit $EXIT_FAILURE
fi

if [ "$RISPOSTA" == "no" ] ; then
   echo "Vai in castigo!" 
   exit $EXIT_FAILURE
else
   echo "Tu si che sei un bravo ragazzo!" 
   exit $EXIT_SUCCES
fi

Come funziona:

Come possiamo notare, l'unica cosa ad esser cambiata è il secondo if, che ora contiene l'istruzione else. In questo modo, qualora $RISPOSTA non fosse ``no'', sarebbe alternativamente eseguito il codice compreso tra else e fi. Riassumendo, un costrutto if - else
if [ CONDIZIONE ] ; then
   COMANDI1
else
   COMANDI2
fi
nella lingua di Dante suonerebbe così: Se è vera CONDIZONE, allora esegui COMANDI1 (presenti tra then ed else), altrimenti esegui COMANDI2 (presenti tra else e fi).


3.2.3 if - elif - else

Nella sezione precedente (3.2.2) abbiamo lasciato un automobilista per strada, mentre decideva se girare a sinistra o a destra. Non vogliamo che rimanga fermo lì per sempre, perciò cerchiamo di farlo andare avanti.
Supponiamo che alla fine abbia deciso di procedere a destra e che ora si trovi ad un incrocio; in questo caso non dovrà solo scegliere la strada che lo porterà a destinazione, ma anche quella più breve.
Ragionare in termini di if - else diventà un po' più complicato e si ha bisogno di un nuovo costrutto che semplifichi la vita (forse all'automobilista basterebbe una cartina stradale). Siamo fortunati, la shell Bash è prodiga nei nostri confronti e ci fornisce il costrutto if - elsif - else. Vediamo come utilizzarlo rivisitando l'esempio precedente.

Esempio 3.2.3

#!/bin/bash
#
# Un semplice esempio d'uso per if - elif - else

EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1

echo "Ti sta piacendo la guida? (si/no)" 

read RISPOSTA

if [ "$RISPOSTA" == "si" ] ; then
   echo "Tu si che sei un bravo ragazzo!" 
   exit $EXIT_SUCCESS
elif [ "$RISPOSTA" == "no" ] ; then
   echo "Vai in castigo!" 
   exit $EXIT_FAILURE
else
   echo "Rispondi solo con un si o con un no"
   exit $EXIT_FAILURE
fi

Come funziona:

L'esempio è chiaro, si analizza la prima condizione ( \fbox{\texttt{\lq\lq \$RISPOSTA'' == \lq\lq si''}}), se risultasse vera, lo script eseguirebbe i comandi compresi tra then ed elif, altrimenti passerebbe a valutare la condizione seguente ( \fbox{\texttt{\lq\lq \$RISPOSTA'' == \lq\lq no''}}). Nuovamente, se questa fosse vera, verrebbero eseguite le istruzioni presenti tra then ed else, in caso contrario (entrambe le condizioni precedenti false) sarebbero eseguiti i comandi tra else e fi. Facile, vero?


3.2.4 case

Insistiamo con il nostro esempio; lo stiamo presentando in diverse salse, non diventeremo dei cuochi per questo, ma di sicuro impareremo ad usare meglio la shell. Questa volta utilizzeremo il costrutto case, molto utile quando si vuole confrontare una variabile con un possibile insieme di valori ed agire in modo differente a seconda del valore che questa ha assunto.

Esempio 3.2.4

#!/bin/bash
#
# Uso di case

EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1

echo "Ti sta piacendo la guida?" 

read RISPOSTA

case $RISPOSTA in
  si|s|yes|y)
    echo "Tu si che sei un bravo ragazzo!" 
    exit $EXIT_SUCCESS
    ;;
  no|n)
    echo "Vai in castigo!" 
    exit $EXIT_FAILURE
    ;;
  *)
    echo "Non ho capito, puoi ripetere?" 
    exit $EXIT_FAILURE
    ;;
esac

Come funziona:

Dopo aver letto l'input dell'utente, $RISPOSTA viene passata al costrutto esac, che la analizza. Ci accorgiamo subito che questa volta lo script è più elastico, infatti non chiede di scrivere un ``si'' o un ``no'', ma lascia ampia libertà all'utente. Se $RISPOSTA è uno tra ``si s yes y'', allora lo script eseguirà il blocco interno fino alla prima occorrenza di ``;;''. Come si può notare, per separare una lista di possibili valori assunti da $RISPOSTA viene usato |, da non confondersi con l'operatore. Qualora i valori elencati nella prima possibilità non corrispondessero con la variabile in esame, si passerebbe ad analizzare la seconda (``no n''). Nuovamente, in caso di esito positvo, verrebbe eseguito il codice interno, sino alla prima occorrenza di ``;;''. Se nessuna delle possibilità corrispondesse con $RISPOSTA, allora verrebbe eseguito il codice compreso tra ``*)'' e l'ultima occorrenza di ``;;'', che rappresenta in un certo senso il l'azione di default, dato che * un pattern3.4 che individua qualunque valore assunto da $RISPOSTA. Il costrutto si conclude con l'istruzione esac.




Dopo aver visto case in azione, cerchiamo di generalizzare ciò che abbiamo imparato. case controlla sequenzialmente una variabile in un elenco di casi forniti dall'utente. Un caso può essere composto da più possibilità, separate dal simbolo |. Ogni caso va concluso con una parentesi tonda di chiusura ``)''. Il primo caso che soddisfa la variabile data provoca l'uscita dalla struttura, pertanto si deve evitare di porre come primo caso un valore molto generico, ma elencare in primo luogo i casi particolari. Occorre soffermarsi ulteriormente sui casi; questi infatti possono anche essere presentati sotto forma di semplici espressioni regolari. Ad esempio, se volessimo controllare una variabile per scoprire se questa contiene una lettera maiuscola o una minuscola oppure un numero, potremmo scrivere:

... 

  [a-z]) echo "Hai premuto una lettera minuscola" ;;
  [A-Z]) echo "Hai premuto una lettera maiuscola" ;;
  [0-9]) echo "Hai premuto un numero" ;;

...
L'espressione [a-z] ([A-Z]) sta per ``tutte le lettere comprese tra a e z (A e Z)'', così pure [0-9] sta per ``tutti i numeri compresi tra 0 e 9''. Il codice precedente ci ha anche mostrato che è legale allineare caso, comandi (eventualmente separati da ``;'') e terminatore (``;;''). Il default rappresenta un caso particolare di espansione, la shell Bash, infatti, interpreta ``*'' come un qualsiasi valore.




Ogni blocco di codice da eseguire, deve essere seguito da ``;;'', che ne indica la fine, mentre la conclusione dell'istruzione è segnata dalla parola chiave esac.


3.3 Un ibrido: select

FIXME: Inserire paragrafo appena possibile


4. Argomenti avanzati

In questo capitolo sono raggruppati alcuni argomenti più specialistici che semplificano la vita di chi si accinge a fare uno script con la shell Bash (Alzi la mano chi non è un po' pigro!).


4.1 Funzioni

Immaginiamo di aver fatto uno script in cui le stesse istruzioni dovrebbero essere scritte più volte all'interno del codice. Il copia ed incolla potrebbe essere una soluzione a questo fastidiosissimo problema, ma di sicuro non sarebbe elegante.




Cerchiamo di risolvere il problema pensando a ciò che facciamo durante il quotidiano. Quando andiamo a fare la spesa e compriamo divesi oggetti, mettiamo tutto all'interno di un sacchetto, anziché portare ogni cosa a mano; ecco il lampo di genio, ci serve qualcosa di analogo!




La shell Bash ci offre degli speciali sacchetti per la spesa, le funzioni (Saranno biodegradabili?) con le quali possiamo risparmiare molta fatica e conservare uno stile di programmazione elegante. La definizione schematica di una funzione Bash è

[ function ] nome_funzione () {
    COMANDI
}
Analizziamo brevemente quanto scritto; la parola chiave function è tra parentesi quadre poiché opzionale, infatti possiamo equivalentemente scrivere
function nome_funzione () {
    COMANDI
}
o
nome_funzione () {
    COMANDI
}
L'unica differenza tra le due forme dichiarative sta nel fatto che la scrittura di function consente di omettere le parentesi tonde (), altrimenti obbligatorie. Altra cosa importante da notare è che le parentesi graffe devono essere separate dal testo che le precede tramite uno spazio, un TAB ( $\mathtt{\backslash}\mathtt{t}$) o un NEWLINE ( $\mathtt{\backslash}\mathtt{n}$).




Definendo una funzione, si ha l'opportunità di richiamare i comandi in essa contenuti in maniera più semplice all'interno di uno script, possiamo anche passarle argomenti sotto forma di parametri posizionali (sezione 2.3) e ritornare allo script un valore attraverso il quale scegliere cosa fare successivamente4.1. Nel seguito analizzeremo altre peculiarità delle funzioni.
È ora di smettere con le parole e considerare un esempio.

Esempio 4.1.1

#!/bin/bash
#
# Un primo esempio di funzione

EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1
CONTINUA=2

fai_questo () {

  echo "Hai scritto: $1"
  echo "Vuoi smettere?" 
  read RISPOSTA

  case "$RISPOSTA" in
    si|s|yes|y)
      return $EXIT_SUCCESS
      ;;
    no|n)
      return $CONTINUA
      ;;
    *)
      echo "Non ho capito cosa hai scritto, termino subito!" 
      exit $EXIT_FAILURE
      ;;
  esac

}


while true; do
  echo "Scrivi una parola: "
  read PRESS

  fai_questo $PRESS
  RITORNO=$?

  case $RITORNO in
    $EXIT_SUCCESS)
      exit $RITORNO
      ;;
    $CONTINUA)
      :
      ;;
  esac
done

Come funziona:

Abbiamo a che fare con la nostra prima funzione, ovvero con fai_questo(), che utilizziamo per raggruppare una serie di comandi.




Procediamo con ordine, innanzi tutto vediamo che la funzione fa uso del parametro posizionale $1, ciò vuol dire che fai_questo() accetta un solo argomento che si passa alla funzione sotto forma di parametro posizionale. Successivamente viene letto un valore dalla tastiera ed in base alla risposta data si ritorna, attraverso l'istruzione interna return, un determinato valore o si conclude lo script nel caso in cui la risposta non fosse chiara.




Finito il corpo della funzione, abbiamo il resto dello script che consiste in un ciclo infinito, \fbox{\texttt{while true; do ...}}. Il comando true (Del pacchetto GNU Shell Utils) non compie assolutamente alcuna azione, ma ritorna all'ambiente di esecuzione un codice di successo, quindi il ciclo continua indefinitamente. L'uscita o meno dal ciclo dipende dal valore di ritorno della funzione fai_questo(). Se il ritorno è $EXIT_SUCCESS, allora viene interrotto non solo il ciclo, ma anche l'esecuzione dello script tramite la chiamata \fbox{\texttt{exit
\$RITORNO}}. Se invece il ritorno è $CONTINUA, allora viene eseguito il comando \fbox{\texttt{:}}, che non è altro se non l'equivalente di true interno alla shell.


4.1.1 Funzioni e variabili locali

Può accadere che sia necessario utilizzare all'interno di una funzione un nome di variabile già utilizzato nel codice dello script. Ciò accade spesso negli script di grosse dimensioni, in cui si vuole che le variabili abbiano nomi espressivi.




Per evitare di modificare il valore della variabile globale (Globale? Si, rispetto a quella presente nella funzione, ma in realtà si tratta sempre di una variabile la cui esistenza è limitata all'esecuzione dello script), la shell Bash consente di dichiarare delle variabili che ``vivono'' solo all'interno del corpo della funzione, tali variabili vengono dette locali e vengono dichiarate attraverso l'istruzione \fbox{\texttt{local [VARIABILE[=VALORE]]}}.




Come al solito, le parentesi quadre rappresentano argomenti facoltativi, infatti local può essere richiamato da solo (sempre all'interno di una funzione) con il risultato di stampare sullo standard output una lista di variabili locali definite in una funzione. Vediamo di chiarire le nostre idee con un esempio.

Esempio 4.1.2

#!/bin/bash
#
# Uso di local

EXIT_SUCCESS=0

funzione () {

    local VARIABILE="Sono all'interno della funzione"

    echo -e "\t$VARIABILE"

}

VARIABILE="Sono all'esterno della funzione"

echo $VARIABILE

funzione

echo $VARIABILE

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Dopo i soliti convenevoli, abbiamo definito la funzione funzione() (Bel nome, vero?) ed all'interno di questa la variabile locale $VARIABILE (Quelli che usiamo, sono sempre nomi espressivi!), assegnadole il valore ``Sono all'interno della funzione''. Nel seguito, definiamo per tutto lo script la variabile $VARIABILE (locale allo script, ma globale rispetto alla funzione) assegnandole il valore ``Sono all'esterno della funzione''. Se eseguiamo lo script, ci accorgiamo che l'assegnazione fatta all'interno di funzione() non intacca minimamente il valore ``globale'' di $VARIABILE, infatti otteniamo:

[nico@deepcool nico]$ ./local.sh 
Sono all'esterno della funzione
        Sono all'interno della funzione
Sono all'esterno della funzione


4.1.2 Funzioni ricorsive

La shell Bash consente di scrivere funzioni che richiamano sè stesse. Tali funzioni vengono dette ricorsive. Una funzione ricorsiva si rende particolarmente utile quando all'interno di una funzione occorre applicare ad un dato la funzione stessa, in questo modo, anziché realizzare complessi passaggi di valori, si può semplicemente risolvere il problema consentendo alla funzione di richiamarsi.




Chiariamo il tutto con un esempio. Capita spesso, scambiando file con amici, di averne alcuni con estensioni in maiuscolo (file.JPG, file.HTM) sparsi per il proprio disco fisso. Sarebbe bello escogitare un sistema per far cambiare automagicamente tutte queste estensioni in minuscolo. Proviamo a vedere come fare!

Esempio 4.1.3

#!/bin/bash 
#
# Una funzione ricorsiva

EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1

utilizzo () {

    echo "$(basename $0) <estensione> [directory di partenza]"
    exit $EXIT_FAILURE

}

sostituisci_estensione () {

    E=$1
# Un'abbreviazione per ESTENSIONE
 
    if [ -z "$2" ]; then
        DIR=$PWD
    else
        DIR=$2
    fi

    N_E=$(echo $E | tr [A-Z] [a-z])
# Un'abbreviazione per NUOVA_ESTENSIONE

    cd $DIR

    for ELEMENTO in $(ls) ; do
        if [ -d "$ELEMENTO" ]; then
            sostituisci_estensione "$E" "$ELEMENTO"
        elif [ -n "$(echo $ELEMENTO | grep -E "\.${E}$")" ]; then
            mv $ELEMENTO ${ELEMENTO%$E}$N_E
        fi
    done

    cd ..

}

if [ $# -eq 0 -o $# -gt 2 ]; then
    utilizzo
# Se lo script è stato lanciato con 0 o più di 2 argomenti,
# mostriamo come si lancia e ritorniamo un errore.
fi

echo "INIZIO QUI!"

sostituisci_estensione "$1" "$2"

echo "HO FINITO!"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Come prima cosa, definiamo una funzione utilizzo() che ci sarà utile per dire con cortesia che il programma è stato utilizzato male. Per ottenere il nome dello script, utilizziamo il comando basename sul parametro posizionale $0. Successivamente, definiamo la funzione sostituisci_estensione(); questa accetta 2 valori, il primo è l'estensione (in maiuscolo!) che vogliamo sostituire, il secondo è, invece, la directory dalla quale partire ad applicare lo script (qualora non si fornisse il secondo valore, la directory di partenza sarebbe $PWD). Questi valori vengono poi assegnati rispettivamente alle variabili $ESTENSIONE e $DIR. Tramite il comando tr (guardarne la pagina manuale!!) si ottiene l'estensione in caratteri minuscoli e la si deposita nella variabile $NUOVA_ESTENSIONE.




Ora inizia il lavoro sporco! Si entra nella directory di partenza (cd $DIR) e si analizzano ad uno ad uno i file presenti. Se uno di questi è una directory, allora gli si riapplica la funzione (sostituisci_estensione $ESTENSIONE ``$ELEMENTO``), altrimenti si verifica che il file abbia l'estensione data ( \fbox{\footnotesize{\texttt{echo \$ELEMENTO \vert grep -E
\lq\lq $\mathtt{\backslash.}$\$\{ESTENSIONE\}\$''}}}), man grep e man 7 regex per informazioni su grep e le espressioni regolari). Se il file ha l'estensione cercata, allora viene fatto il cambio, altrimenti si prosegue con il ciclo. Una volta finiti gli elementi da controllare, si ritorna nella directory superiore. Qui finisce la funzione ricorsiva.




Il resto dello script non fa altro che controllare che siano stati forniti da uno a due parametri, per poi, in caso affermativo, richiamare la funzione sostituisci_estensione() sui parametri passati.




Come ulteriore esempio sulle funzioni ricorsive, consideriamo una implementazione dell'algoritmo di Euclide per il calcolo del massimo comun divisore (mcd) di due numeri. Questo algoritmo consiste nella relazione per ricorrenza (valida per $m$ ed $n$ naturali):

\begin{displaymath}
\left\{
\begin{array}{lll}
\mathtt{mcd}(0, n) &= n &\\
\...
...{mod}\, m, m) \quad & \mbox{per} \quad m>0
\end{array}\right.
\end{displaymath}

dove con mod abbiamo indicato genericamente l'operatore %.

Esempio 4.1.4

#!/bin/bash 
#
# Funzioni ricorsive: calcolo del massimo comun divisore
# di due numeri tramite l'algoritmo di Euclide

EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1

utilizzo () {

    echo "$(basename $0) <primo numero> <secondo numero>"
    exit $EXIT_FAILURE

}

mcd () {

    m=$1
    n=$2

    if [ $n -eq 0 -a $m -eq 0 ]; then
        echo "mcd(0,0) non è definito!"
        exit $EXIT_FAILURE
    elif [ $m -eq 0 ]; then
        return $n
    elif [ $n -eq 0 ]; then
        return $m
    fi

    mcd $(( $n % $m )) $m

}

if [ $# -ne 2 ]; then
    utilizzo
fi

mcd $1 $2

MCD=$?

echo "Il massimo comun divisore dei numeri \"$1\" \"$2\" è: $MCD"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

L'implementazione consiste in un'applicazione ricorsiva della funzione mcd() fino a quando $n o $m risulti essere uguale a zero, in tale caso, infatti, la relazione di ricorrenza ci dice che il calcolo del mcd è semplicissimo. La funzione controlla, dunque, che $n o $m non valgano entrambe zero (mcd(0,0) non è definito) e continua effettuando dei test su $n e $m. Se una di queste vale zero, si ritorna il valore dell'altra.




Qualora non si fosse in uno di questi casi, la funzione si richiama, applicandosi ai valori ``$n % $m'' e $m fino a quando non si giunge al caso semplice ($n o $m uguali a zero). In ultimo, trovato il mcd dei due numeri, la funzione ne fa il suo valore di ritorno, infatti, per ottenerlo abbiamo usato l'assegnazione \fbox{\texttt{MCD=\$?}}.


4.2 Array o vettori

Nella sezione 2.2 abbiamo visto che le variabili sono dei contenitori in cui conserviamo valori. Continuando con la nostra analogia, se andassimo in un negozio di casalinghi, potremmo acquistare dei set di contenitori, che, magari, potrebbero essere legati l'uno all'altro: questi sono gli array o vettori (Noi cercheremo di chiamarli sempre vettori).




Per il momento cerchiamo di capire meglio cosa siano i vettori e per farlo, aiutiamoci con la figura 4.1.

Figura 4.1: Array e variabili
\includegraphics[]{fig/array}
Nella figura schematizziamo una variabile come un ``contenitore singolo'' (VARIABILE), mentre un vettore viene rappresentato come una sequenza ordinata di contenitori caratterizzata dall'avere ``cognome'' e ``nome''. Spieghiamo subito cosa si intende con cognome e nome: tutti gli elementi del vettore hanno in comune la parola ARRAY (il cognome) e vengono distinti l'uno dall'altro attraverso un indice sequenziale (il nome) che parte sempre da zero. Se qualcuno, guardando la figura, vi dicesse «Ti presento ``ARRAY[0]''!» (Nome: 0, Cognome: ARRAY), non sarebbe in vena di scherzi, ma vi starebbe solo indicando il primo elemento del vettore ARRAY.




Ritorniamo a parlare della shell e chiariamo subito che Bash, al momento della scrittura, mette a disposizione soltanto vettori monodimensionali, quindi non dobbiamo aspettarci di avere a che fare con oggetti del tipo \fbox{\texttt{ARRAY[0][1]}}. Forse in futuro, oltre a nome e cognome, ci sarà anche il codice fiscale ed avremo dunque vettori bidimensionali.




Consideriamo qualcosa di più specifico. Bash consente di dichiarare esplicitamente un vettore attraverso il comando \fbox{\texttt{declare -a}}, tuttavia qualunque riga di codice del tipo $\qquad$ \fbox{\texttt{ARRAY[INDICE]=VALORE}} creerà automaticamente un vettore. Un'altra forma legale per dichiarare un vettore è l'assegnazione esplicita di tutti i suoi elementi nella forma:
\fbox{\texttt{ARRAY=(VALORE\_1 VALORE\_2 ... VALORE\_N}}.
OCCORRE FARE MOLTA ATTENZIONE AL FATTO CHE L'INDICE DI UN VETTORE PARTE SEMPRE DA ZERO!




Riassumendo, creiamo un vettore in questi modi:

# Usando declare
declare -a VETTORE
declare -a ALTRO_VETTORE[10]

# Nel secondo caso abbiamo creato un vettore di 10 elementi, il 
# primo è ALTRO_VETTORE[0], mentre l'ultimo ALTRO_VETTORE[9]


# Mediante assegnazione di un elemento, in questo caso il primo
# per ricordare che L'INDICE PARTE DA 0!
VETTORE[0]=10


# Attraverso l'assegnazione di tutti i suoi elementi
VETTORE=(11 24 32 88 55)

# Provate a giocare la cinquina!

Ora che abbiamo capito come dichiarare un vettore, dobbiamo anche vedere come poter ottenere i valori in esso contenuti. Per evitare di dar luogo ad ambiguità, occorre sempre utilizzare la forma \fbox{\texttt{\$\{VETTORE[INDICE]\}}}, in questo modo la shell capirà che stiamo facendo riferimento all'(INDICE+1)-esimo elemento del vettore VETTORE e lo sostituirà con il suo valore, proprio come accade con ${VARIABILE}.

Esempio 4.2.1

#!/bin/bash
#
# uso dei vettori

declare -a VETTORE[3]

VETTORE[0]="Tutto è andato bene"
VETTORE[1]="Hai inserito un numero maggiore di 20"
VETTORE[2]="Hai inserito un numero minore di 10"

inserisci_numero () {

    echo "Inserisci un numero compreso tra 10 e 20"

    read NUMERO

    if [ "$NUMERO" -lt 10 ]; then
        return 2
    elif [ "$NUMERO" -gt 20 ]; then
        return 1
    else
        return 0
    fi

}

inserisci_numero
RITORNO=$?
echo ${VETTORE[$RITORNO]}

exit $RITORNO

Come funziona:

All'inizio del codice, dichiariamo tramite declare il vettore a 3 elementi VETTORE e successivamente lo popoliamo con delle stringhe. Proseguendo definiamo la funzione inserisci_numero() alla quale diamo il compito di leggere dalla tastiera un numero e di stabilire se questo è compreso tra 10 e 20 o meno. Qualora il numero inserito non soddisfacesse tale richiesta, la funzione ne stabilirebbe il perché e ritornerebbe un opportuno valore per caratterizzare l'evento.




In ogni caso, il valore di ritorno della funzione viene immagazzinato nella variabile $RITORNO che viene usata come indice per il vettore VETTORE. In base al valore di $RITORNO, tramite la linea di codice \fbox{\texttt{echo \$\{VETTORE[\$RITORNO]\}}} viene stampato sullo schermo un messaggio a seconda dell'esito delle operazioni effettuate da inserisci_numero().




Continuiamo ad esaminare l'argomento ``vettori''. È possibile utilizzare come indice di un vettore i caratteri ``*'' e ``@''; la scrittura ${VETTORE[*]} espande il vettore in un'unica stringa composta dagli elementi del vettore separati dal primo carattere presente in $IFS, mentre ${VETTORE[@]} espande ogni elemento in una stringa separata. Alcuni delle tecniche di espansione di parametri possono essere applicate con successo non solo ad ogni elemento di un vettore, ma anche all'intero vettore stesso. Ad esempio, \fbox{\texttt{\texttt{\$\{\char93 VETTORE[*]\}}}} e \fbox{\texttt{\texttt{\$\{\char93 VETTORE[@]\}}}} possono essere usati per ottenere il numero di elementi presenti in un vettore. FIXME: Inserire una spiegazione dettagliata a riguardo


4.3 Reindirizzamento dell'Input/Output

Nella sezione 2.4.5 abbiamo già avuto a che fare con gli operatori di input/output (Nel seguito abbreviato con ``I/O''); in particolare, ci siamo soffermati su ``|'', ``<'' e la coppia ``> - »''. In questa sezione, cercheremo di estendere ciò che già conosciamo, introducendo alcuni nuovi concetti.




Prima che un comando venga eseguito, è possibile redirigere sia il suo canale di input che quello di output, utilizzando gli operatori di reindirizzamento. Il reindirizzamento può essere anche utilizzato per chiudere ed aprire file. Il reindirizzamento ha una sintassi bene precisa, che la shell interpreta da sinistra verso destra; inoltre, dato che questo può avvenire utilizzando più di una espressione, è importante l'ordine con cui queste vengono impartite alla shell.


4.3.1 I file in un sistema Unix

Ci si può chiedere perché dedicare addirittura un'intera sezione a questo argomento, che all'apparenza sembrerebbe piuttosto semplice. In un sistema Unix, tuttavia, i file occupano un ruolo assai importante; questi, infatti, forniscono un'interfaccia semplice e consistente ai vari servizi del sistema operativo ed ai dispositivi in genere. Finalmente, capiamo il significato del principio ``everything is a file'' a cui abbiamo fatto riferimento nella sezione 2.4.4.




Ciò significa che i programmi, in generale, possono usare file su disco, porte seriali, connessioni di rete, stampanti ed altri dispositivi tutti nello stesso modo. Nella realtà, dunque, quasi tutto è reso disponibile sotto forma di file o in alcuni casi file particolari, con differenze minime rispetto al caso generale, in modo da non violare il principio espresso in precedenza.




Prima di procedere, occorre introdurre una nozione fondamentale. Un descrittore di file è una entità (Nel nostro caso, la shell, un numero) che identifica in maniera univoca un file aperto in una particolare modalità, quale ad esempio lettura o scrittura. In questo modo, ogni azione su un file può essere intrapresa agendo sul suo descrittore.




Se non istruita diversamente, ad esempio, per ogni processo la shell associa sempre dei descrittori di file allo standard input (Descrittore 0), standard output (Descrittore 1) e standard error (Descrittore 2).


4.3.2 Apertura di descrittori di file in lettura/scrittura

La shell Bash consente l'apertura di descrittori di file personalizzati, in modo da gestire in maniera efficiente l'I/O nei propri script, utilizzando ulteriori descrittori oltre a 0, 1 e 2. Per effettuare questa operazione si utilizza l'operatore \fbox{\texttt{<>}}, la sintassi è la seguente:
[n]<>parola
L'operatore \fbox{\texttt{<>}} causa l'apertura in lettura/scrittura del file identificato dall'espansione di parola sul descrittore di file n. Se non è passato alcun descrittore di file, la shell assume che il descrittore di file sia 0. Qualora il file non esistesse, verrebbe creato.


4.3.3 Reindirizzamento dell'Input

La sintassi generale per effettuare un reindirizzamento dell'input è:
[n]<parola
Anche qui, il parametro opzionale n rappresenta il descrittore di file su cui indirizzare il risultato dell'espansione di parola. Nel caso in cui non venisse fornito il descrittore di file n, il reindirizzamento viene effettuato su descrittore 0, ovvero lo standard input.




Ad esempio, quando abbiamo visto il comando \fbox{\texttt{mail nico <
/etc/passwd}}, non avendo specificato alcun descrittore di file, intendendevamo redirigere il contenuto di /etc/passwd sullo standard input del comando mail nico.


4.3.4 Reindirizzamento dell'Output

Analogamente ai casi precedenti, la sintassi di questo particolare reindirizzamento è:
[n]>parola
Ciò fa sì che il file risultante dall'espansione di parola venga aperto (o creato nel caso non esista) in scrittura e vi si memorizzino i dati provenienti dal descrittore di file n. Nel caso in cui n manchi, si assume che si voglia reindirizzare lo standard output, descrittore 1.




È possibile anche aprire un file solo per aggiungere dati, senza perderne il contenuto; per effettuare tale operazione è sufficiente utilizzare l'operatore \fbox{\texttt{>>}}, la cui sintassi è analoga al precedente:

[n]>>parola




Abbiamo visto che un processo possiede due canali di output, uno dedicato in generale alla rappresentazione del risultato (lo standard output), l'altro agli errori incorsi durante l'esecuzione del processo (lo standard error). In genere, in un calcolatore i due output vengono mostrati sullo schermo, con il risultato di confonderli entrambi. Tuttavia, esistono casi in cui è necessario doverli separare; questa operazione può essere eseguita facilmente reindirizzando lo standard error, ad esempio:

[nico@deepcool nico]$ ls -lh bg?.{jpg,png} non_esisto
ls: non_esisto: No such file or directory
-rw-rw-r--    1 nico     nico         160k Apr 15 01:20 bg1.jpg
-rw-rw-r--    1 nico     nico         249k Apr 15 01:25 bg2.jpg
-rw-rw-r--    1 nico     nico         198k Mar 30 13:47 bg2.png
-rw-rw-r--    1 nico     nico          86k May 14 11:50 bg3.png

[nico@deepcool nico]$ ls -lh bg?.{jpg,png} non_esisto 2>/dev/null 
-rw-rw-r--    1 nico     nico         160k Apr 15 01:20 bg1.jpg
-rw-rw-r--    1 nico     nico         249k Apr 15 01:25 bg2.jpg
-rw-rw-r--    1 nico     nico         198k Mar 30 13:47 bg2.png
-rw-rw-r--    1 nico     nico          86k May 14 11:50 bg3.png
Come possiamo vedere, la prima esecuzione del comando
\fbox{\texttt{ls -lh
bg?.\{jpg,png\} non\_esisto
2>/dev/null}}4.2 contiene anche un messaggio di errore (inviato sullo standard error) che ci avverte del fatto che il file non_esisto non si trova nella directory corrente. Nella seconda esecuzione, aggiungiamo anche un \fbox{\texttt{... 2>/dev/null}}, ciò significa che tutto ciò che verra inviato sullo standard error (descrittore di file 2) sarà rigirato nella nostra pattumiera, /dev/null.




FIXME: completare.


4.3.5 Duplicare un descrittore di file

Bash consente di duplicare i descrittori di file in modo da organizzare il più funzionalmente possibile i propri script. Ad esempio, può essere necessario assegnare temporaneamente un descrittore aggiuntivo allo standard input, in modo da facilitare l'elaborazione dei dati dopo complesse operazioni di reindirizzamento.




FIXME: Completare.


4.4 Here document

Un Here document (Nel seguito sarà abbreviato con HD, che non sta per hard disk!) è un tipo particolare di reindirizzamento dell'I/O che consente alla shell di leggere delle righe di testo fino ad una parola delimitatrice e trasformarle in standard input di un comando.




La sintassi di questa speciale caratteristica è la seguente:

comando <<[-]PAROLA
... 
(CORPO dell'HD)
... 
DELIMITATORE
Figura 4.2: Schematizzazione di un here document (EOF è il delimitatore).
\includegraphics[]{fig/here}
Su PAROLA non viene fatta alcun tipo di espansione, l'unica cosa da tenere a mente è il fatto che, qualora contenesse un qualsiasi carattere quotato (catattere preceduto da un backslash, $\mathtt{\backslash}$), allora DELIMITATORE sarebbe il risultato della rimozione dei backslash da PAROLA e tutte le righe comprese non sarebbero soggette ad alcuna espansione. Se, invece, PAROLA non fosse quotata, sarebbe effettuata espansione di parametri, comandi ed aritmetica su tutte le linee contenute nell'HD.




Il ``-'' facoltativo serve a rendere più ``graziosa'' la vista di un HD, in questo modo, infatti, le righe possono essere indentate rispeto all'inizio di una riga di un carattere TAB, la sinstassi pertanto diverrebbe:

comando <<-PAROLA
        ... 
        (CORPO dell'HD)
        ... 
        DELIMITATORE
Ciò è possibile poiché l'operatore di redirezione «- istruisce la shell a rimuovere tutti i caratteri TAB che precedono le righe dell'HD e del DELIMITATORE.




Vediamo come applicare quanto appreso con un esempio che fa uso di alcuni semplici comandi previsti dal protocollo SMTP (Simple Mail Transfer Protocol) e del comando nc (netcat).

Esempio 4.4.1

#!/bin/bash
#
# Spedire e-mail con uno shell script
EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1

# indirizzo del server di posta
SMTP_SERVER="localhost"

# percorso completo dell'eseguibile di nc
NC="$(which nc)"

# indirizzo del mittente
MITTENTE="nico@localhost"

utilizzo () {

    echo "$(basename $0) <destinatario> \"<testo>\" \"<oggetto>\""
    exit $EXIT_FAILURE

}

if [ $# -ne 3 ]; then
    utilizzo
fi

DESTINATARIO=$1
TESTO=$2
OGGETTO=$3


$NC -w 5 "$SMTP_SERVER" "25" &> /dev/null <<EOF
HELO $(hostname)
MAIL FROM: <$MITTENTE>
RCPT TO: <$DESTINATARIO>
DATA
Subject: $OGGETTO
To: $DESTINATARIO
From: $MITTENTE

$TESTO

.
EOF

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Innanzitutto, vediamo come lanciare lo script.

[nico@deepcool nico]$ ./mail.sh nico@deepcool "ecco una e-mail inviata                                                
> con uno shell script" "e-mail con shell script"
[nico@deepcool nico]$
Come mostrato nella funzione utilizzo(), lo script richiede tre parametri per essere eseguito correttamente, rispettivamente: indirizzo e-mail del destinatario, breve testo racchiuso tra virgolette in modo da poterlo estendere su più linee, oggetto della e-mail, anch'esso racchiuso tra virgolette.




Passiamo ad analizzare il codice. Oltre alle solite variabili per definire i valori di ritorno, notiamo subito la presenza di alcune variabili per ``configurare'' lo script: $SMTP_SERVER, $NC e $MITTENTE. Il significato di queste variabili è, rispettivamente: indirizzo del server smtp da utilizzare, percorso completo dell'eseguibile di netcat (tramite l'utility which) e indirizzo e-mail del mittente.




Successvamente, lo script memorizza i parametri posizionali forniti con $1, $2 e $3 nelle variabili $DESTINATARIO, $TESTO e $OGGETTO per maneggiarli più comodamente. Arrivati a questo punto, iniziano le novità. La riga \fbox{\footnotesize{\texttt{\$NC -w 5
\lq\lq \$SMTP\_SERVER'' \lq\lq 25'' \&> /dev/null <<EOF}}} identifica un HD in cui tutte le righe comprese tra \fbox{\texttt{<<EOF}} ed \fbox{\texttt{EOF}} sono trasformate in standard input del comando \fbox{\texttt{\$NC -w 5
\lq\lq \$SMTP\_SERVER'' \lq\lq 25'' \&> /dev/null}}.




Le righe dell'HD sono comandi standard del protocollo SMTP4.3; in particolare, la riga
\fbox{\texttt{HELO \$(hostname)}} è una stringa di ``presentazione'' che invia al server di posta il nostro hostname, ottenuto tramite il comando hostname.


4.5 Opzioni passate ad uno script

Nella sezione precedente abbiamo analizzato un semplice script che ci consentiva di inviare e-mail. Lo script aveva il difetto di dover esser lanciato con una sintassi molto rigida, infatti occorreva richiamarlo fornendo esattamente tre parametri in un ben preciso ordine. Questa restrizione fastidiosa e limitativa potrebbe essere evitata se si potessero usare le opzioni come nei programmi compilati (Ad esempio ls, rm, tar e molti molti altri).




Ancora una volta, Bash ci viene in aiuto (Anche altre shell lo fanno), mettendoci a disposizione il comando interno getopts.




Andiamo con ordine ed introduciamo alcune peculirità; utilizzando getopts all'interno di uno script, vengono implicitamente create le variabili $OPTIND (L'indice dell'argomento in esame, che non viene reimpostato automaticamente) e $OPTARG (il contenuto del facoltativo argomento di un'opzione). Vediamo ora un quadro che riassume la sintassi del comando:

getopts STRINGA_DELLE_OPZIONI NOME
STRINGA_DELLE_OPZIONI rappresenta la sequenza di opzioni che il nostro script deve avere; ad esempio, se volessimo fornire allo script le opzioni -a, -b e -c, la seguenza sarebbe \fbox{\texttt{\lq\lq abc''}}. Se volessimo anche far in modo che l'opzione -b accetti un argomento, allora dovremmo cambiare la sequenza delle lettere, aggiungendo \fbox{\texttt{:}} dopo la lettera b, otterremo dunque \fbox{\texttt{\lq\lq ab:c''}}. Da qui impariamo una regola generale, ovvero, per informare getopts del fatto che una particolare opzione accetta un argomento, occorre far seguire la lettera che la identifica nella STRINGA_DELLE_OPZIONI da \fbox{\texttt{:}}. Porre \fbox{\texttt{:}} all'inizio di una stringa equivale a sopprimere ogni messaggio di errore relativo a getopts4.4.




NOME, invece, rappresenta la variabile in cui salvare la lettera dell'opzione in esame. Qualora getopts incontrasse un'opzione non presente in STRINGA_DELLE_OPZIONI, inserirebbe in NOME il carattere \fbox{\texttt{?}}.




Dovrebbe esser ormai chiaro che getopts analizza le opzioni una alla volta, dunque per analizzare i valori passati occorre utilizzarla insieme con un ciclo. Tra quelli studiati nella sezione 3.1, il ciclo while è senz'altro il più indicato. Non finisce qui! A seconda dell'opzione esaminata occorre prendere decisioni differenti, quindi dobbiamo effettuare una selezione, in questo caso, case è l'istruzione più appropriata. Vediamo dunque come combinare le cose nel caso:

... 
while getopts ":ab:c" OPZIONE; do
    case $OPZIONE in
        a)
            fai_qualcosa_con_a
            ;;
        b)
            VARIABILE_PER_b=$OPTARG
            fai_qualcosa_con_b
            ;;
        c)
            fai_qualcosa_con_c
            ;;
        ?) 
            echo "Opzione non valida"
            ;;
        *)
            echo "C'è stato qualche errore!" 
            ;;
    esac
done

shift $(( $OPTIND - 1 ))
Vediamo dunque come modificare l'esempio della sezione precedente in modo da renderlo più utilizzabile.

Esempio 4.5.1

#!/bin/bash
#
# Spedire e-mail con uno shell script (2)
EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1

# indirizzo del server di posta
SMTP_SERVER="localhost"

# percorso completo dell'eseguibile di nc
NC="$(which nc)"

# l'indirizzo del mittente
MITTENTE="nico@localhost"

utilizzo () {

    echo "$(basename $0) -d <destinatario> -t <testo> -o <oggetto>"
    exit $EXIT_FAILURE

}

while getopts ":d:t:o:" OPZIONE; do
    case $OPZIONE in
        d)
            DESTINATARIO=$OPTARG
            ;;
        t)
            TESTO=$OPTARG
            ;;
        o)
            OGGETTO=$OPTARG
            ;;
        *)
            utilizzo
            ;;
    esac
done

shift $(( $OPTIND - 1 ))

if [ -z "$DESTINATARIO" -o -z "$TESTO" -o -z "$OGGETTO" ]; then
    utilizzo
fi

$NC -w 5 "$SMTP_SERVER" "25" &> /dev/null <<EOF
HELO $(hostname)
MAIL FROM: <$MITTENTE>
RCPT TO: <$DESTINATARIO>
DATA
Subject: $OGGETTO
To: $DESTINATARIO
From: $MITTENTE

$TESTO

.
EOF

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

L'unica novità rispetto alla precedente versione è, come era da aspettarsi, la presenza di getopts. Abbiamo passato a getopts la stringa \fbox{\texttt{\lq\lq :d:t:o:''}}, in questo modo, grazie al : iniziale abbiamo soppresso ogni messaggio di errore, inoltre abbiamo istruito il comando ad analizzare i parametri posizionali alla ricerca delle opzioni -d (destinatario), -t (testo) e -o (oggetto), ognuna delle quali necessita di un argomento. Attraverso l'istruzione case assegnamo l'argomento di una opzione ad una specifica variabile, in modo da poterlo riutilizzare; inoltre, dato che non ci interessa essere molto specifici riguardo ad un eventuale errore, abbiamo tralasciato il caso ?), dato che questo può essere inglobato in quello di default *).


4.6 . (source)

Alle volte potrebbe rendersi necessario includere in uno script del testo presente in un altro file; questo testo potrebbe essere del codice e quindi dovrebbe anche essere interpretato correttamente dalla shell. La questione può essere risolta facilmente utilizzando il comando interno \fbox{\texttt{source}} o \fbox{\texttt{.}}.




Un tale tipo di inclusione può essere necessario qualora decidessimo di dotare un nostro script di un file di configurazione. Ad esempio nell'esempio precedente esistono delle variabili dipendenti dal calcolatore su cui viene eseguito, sarebbe auspicabile, dunque, avere un sistema per spiegare allo script, ad esempio, quale server di posta utilizzare, oppure quale argomento passare al comando SMTP HELO.




Vediamo come affrontare questa evenienza.

Esempio 4.6.1

Innanzi tutto, stabiliamo il percorso del file di configurazione, ad esempio \fbox{\texttt{/etc/bash\_mail.conf}} e scriviamoci:
# Questo è un commento

# server SMTP da utilizzare
SMTP_SERVER="il_mio_server_di_posta"

# HELO da utilizzare
# Modificare a seconda delle esigenze
HELO="il_mio_host"

# fine di /etc/bash_mail.conf




Potremmo anche consentire ad ogni singolo utente di modificare i paramentri di configurazione dello script; per fare ciò, prevediamo anche l'esistenza di un file \fbox{\texttt{\$HOME/.bash\_mail.conf}}

# File di configurazione per utente

# server SMTP da utilizzare
# SMTP_SERVER="un_altro_server"

# HELO da utilizzare
# Modificare a seconda delle esigenze
# HELO="un_altro_helo"

# Indirizzo del mittente
MITTENTE="Domenico Delle Side <nicodds@Tiscali.IT>"

# fine di $HOME/.bash_mail.conf




Ora riprendiamo l'esempio e modifichiamolo in modo da utilizzare i file di configurazione appena scritti.

#!/bin/bash
#
# Spedire e-mail con uno shell script (3)
EXIT_SUCCESS=0
EXIT_FAILURE=1

NC=$(which nc)

if [ -f "/etc/bash_mail.conf" ]; then
    . /etc/bash_mail.conf
# oppure 
# source /etc/bash_mail.conf
else
    SMTP_SERVER="localhost"
    HELO=$HOSTNAME
fi

if [ -f "$HOME/.bash_mail.conf" ]; then
    . $HOME/.bash_mail.conf
else
    MITTENTE="<${USER}@${HOSTNAME}>"
fi

utilizzo () {

    echo "$(basename $0) -d <destinatario> -t <testo> -o <oggetto>"
    exit $EXIT_FAILURE

}

while getopts ":d:t:o:" OPZIONE; do
    case $OPZIONE in
        d)
            DESTINATARIO=$OPTARG
            ;;
        t)
            TESTO=$OPTARG
            ;;
        o)
            OGGETTO=$OPTARG
            ;;
        *)
            utilizzo
            ;;
    esac
done

shift $(( $OPTIND - 1 ))

if [ -z "$DESTINATARIO" -o -z "$TESTO" -o -z "$OGGETTO" ]; then
    utilizzo
fi

$NC -w 5 "$SMTP_SERVER" "25" &> /dev/null <<EOF
HELO $HELO
MAIL FROM: $MITTENTE
RCPT TO: <$DESTINATARIO>
DATA
Subject: $OGGETTO
To: $DESTINATARIO
From: $MITTENTE

$TESTO

.
EOF

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Lo script in sè non è radicalmente cambiato, rispetto alla versione precedente abbiamo solo aggiunto una nuova variabile ($HELO) e modificato il codice per consentire l'inclusione dei file di configurazione. Come prima cosa, lo script verifica la presenza del file di configurazione generico \fbox{\texttt{/etc/bash\_mail.conf}}, se presente, lo include, altrimenti assegna dei valori di default alle variabili $SMTP_SERVER e $HELO.




Successivamente viene verificata la presenza del file di configurazione dell'utente che lancia lo script, \fbox{\texttt{\$HOME/.bash\_mail.conf}} ($HOME viene espansa dalla shell nella home directory dell'utente che esegue lo script). Qualora il file fosse presente, ne sarebbe incluso il contenuto, in questo modo le variabili generiche eventualmente impostate con l'inclusione precedente verrebbero reimpostate ai valori presenti nel file dell'utente. Se invece il file fosse assente, lo script si limiterebbe ad impostare la variabile $MITTENTE.




Per il resto, lo script è analogo all'esempio della sezione precendente.


4.7 Subshell


4.8 trap

trap è un comando interno alla shell che consente di definire un comando da eseguire allorché lo script in esecuzione riceva un segnale.




In breve, un segnale è un evento generato da un sistema Unix al verificarsi di una particolare condizione. Un segnale è in genere utilizzato dal sistema operativo per dialogare con i processi; un processo che riceve un segnale, ad esempio, può a sua volta decidere un'azione da intraprendere.




Ritorniamo a trap e analizziamone la sintassi:

trap [-lp] [AZIONE] [SEGNALE]
Procediamo con ordine, le opzioni facoltative (-l, -p) fanno agire trap in maniera particolare; l'opzione -l viene passata da sola a trap e consente di ottenere la lista di tutti i segnali supportati, -p, invece, consente di vedere le azioni associate ad ogni segnale, o, qualora fossero specificati dei segnali, solo quelle associate a questi. Ad esempio, il comando trap -l ci fornisce il risultato:
[nico@deepcool nico]$ trap -l     
 1) SIGHUP       2) SIGINT       3) SIGQUIT      4) SIGILL
 5) SIGTRAP      6) SIGABRT      7) SIGBUS       8) SIGFPE
 9) SIGKILL     10) SIGUSR1     11) SIGSEGV     12) SIGUSR2
13) SIGPIPE     14) SIGALRM     15) SIGTERM     17) SIGCHLD
18) SIGCONT     19) SIGSTOP     20) SIGTSTP     21) SIGTTIN
22) SIGTTOU     23) SIGURG      24) SIGXCPU     25) SIGXFSZ
26) SIGVTALRM   27) SIGPROF     28) SIGWINCH    29) SIGIO
30) SIGPWR      31) SIGSYS      32) SIGRTMIN    33) SIGRTMIN+1
34) SIGRTMIN+2  35) SIGRTMIN+3  36) SIGRTMIN+4  37) SIGRTMIN+5
38) SIGRTMIN+6  39) SIGRTMIN+7  40) SIGRTMIN+8  41) SIGRTMIN+9
42) SIGRTMIN+10 43) SIGRTMIN+11 44) SIGRTMIN+12 45) SIGRTMIN+13
46) SIGRTMIN+14 47) SIGRTMIN+15 48) SIGRTMAX-15 49) SIGRTMAX-14
50) SIGRTMAX-13 51) SIGRTMAX-12 52) SIGRTMAX-11 53) SIGRTMAX-10
54) SIGRTMAX-9  55) SIGRTMAX-8  56) SIGRTMAX-7  57) SIGRTMAX-6
58) SIGRTMAX-5  59) SIGRTMAX-4  60) SIGRTMAX-3  61) SIGRTMAX-2
62) SIGRTMAX-1  63) SIGRTMAX
Il parametro AZIONE (anch'esso opzionale) serve a specificare, come chiarisce il nome stesso, l'azione da intraprendere al ricevere del segnale SEGNALE (opzionale), in genere questa è una lista di comandi da eseguire. Il segnale SEGNALE può essere specificato sia tramite una delle costanti simboliche definite in <signal.h>4.5, sia attraverso il numero che identifica il segnale. In tabella 4.1 è presente una breve lista di segnali standard.

Tabella 4.1: Alcuni segnali più importanti definiti dallo standard X/Open
Segnale Numero Descrizione
SIGHUP 1 Hangup, il processo che riceve il segnale viene terminato e fatto ripartire
SIGINT 2 Interrupt, il procevo che riceve il segnale viene terminato (CTRL-C)
SIGQUIT 3 Quit (CTRL-$\backslash$)
SIGABRT 6 Abort, inviato ad un processo in caso di gravi errori in esecuzione
SIGALRM 14 Alarm, inviato in caso di time-out
SIGTERM 15 Terminate, inviato dal sistema in caso di spegnimento





Ad esempio, se volessimo far sì che nel nostro terminale venga stampato un messaggio ogni volta che si riceva un segnale di interrupt, basterebbe scrivere:

trap 'echo -e "\nQuesto un messaggio impostato con trap (SIGINT)"' SIGINT
Dopo averlo eseguito, infatti, ad ogni pressione della combinazione di tasti CTRL-C otteniamo il messaggio scritto:
[nico@deepcool nico]$ trap 'echo -e "\nQuesto un messaggio impostato 
> con trap (SIGINT)"' SIGINT
[nico@deepcool nico]$ (CTRL-C)
Questo un messaggio impostato 
con trap (SIGINT)

[nico@deepcool nico]$ (CTRL-C)
Questo un messaggio impostato 
con trap (SIGINT)

[nico@deepcool nico]$ (CTRL-C)
Questo un messaggio impostato 
con trap (SIGINT)

[nico@deepcool nico]$ (CTRL-C)
Questo un messaggio impostato 
con trap (SIGINT)
Se ora volessimo tornare alla situzione iniziale, basterebbe digitare il comando:
trap SIGINT
Ciò riporterebbe l'azione da intraprendere al ricevimento di un interrupt al default della shell.

Esempio 4.8.1

#!/bin/bash
#
# Uso di trap

EXIT_SUCCESS=0

TMPFILE=$HOME/.tmpfile.$$

trap 'rm -f $TMPFILE' SIGINT

echo "Creo il file $TMPFILE..."
touch $TMPFILE
echo "Premi CRTL-C per uscire"

while [ -f $TMPFILE ]; do
    echo "$TMPFILE esiste ancora"
    sleep 1;
done

echo "$TMPFILE non esiste più"

exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

All'inizio dello script definiamo la variabile $TMPFILE e definiamo un azione da compiere su questo al ricevere di un segnale di interrupt: \fbox{\texttt{trap 'rm -f \$TMPFILE' SIGINT}}. Successivamente, dopo alcuni messaggi di cortesia, creiamo il file temporaneo $TMPFILE con l'utility touch ed entriamo in un ciclo nel quale la condizione è data da \fbox{\texttt{-f \$TMPFILE}}. Ad ogni iterazione del ciclo viene stampato un messaggio che conferma l'esistenza del file temporaneo e si manda in pausa per 1 secondo l'esecuzione dello script grazie al comando sleep.




Alla pressione della combinazione di tasti CTRL-C, il file temporaneo verrà cancellato, dunque la condizione valutata dal ciclo while sarà falsa, causandone la fine. Lo script termina stampando un ulteriore messaggio e ritornando alla shell il valore $EXIT_SUCCESS.


5. Esempi avanzati

In questo capitolo saranno raccolti degli script più complicati (niente paura, nulla di difficle), vicini alla realtà di un utente e pertanto utili. Eventualmente, si troveranno contributi da parte degli utenti, i quali possono inviare i propri script con un breve commento.




Gli esempi saranno divisi per argomento ed i commenti saranno, per la maggior parte, all'interno del codice stesso.


5.1 Script d'amministrazione


5.2 Utilità

In questa sezione verranno riportati alcuni script utili nell'uso quotidiano.

5.2.1 Esempio 5.2.1: Creare un cgi con la shell

Negli ultimi anni sono state sviluppate nuove tecnologie e nuovi linguaggi per semplificare la vita a chi scrive cgi (Common Gateway Interface, volgarmente: pagine web a contenuto dinamico). Creare un cgi con Bash può pertanto sembrare una forzatura, dato che questa non è la scelta tecnica migliore, ciò nonostante tratteremo questo argomento perché ricco dal punto di vista didattico.




Per semplicità, tratteremo in dettaglio soltanto il metodo GET del protocollo HTTP, POST sarà accennato verso la fine.




Per poter eseguire con successo lo script, occorrerà avere un server web (ad esempio Apache, http://httpd.apache.org) funzionante, configurato per supportare l'esecuzione di cgi.




Utilizzando il metodo GET, le ``coppie'' \fbox{\texttt{variabile=valore}} vengono passate attraverso l'url. Ad esempio spesso vediamo url del tipo :
\fbox{\texttt{http://www.example.com/cgi-bin/script?var1=ciao\&var2=bau}}
Vediamo dunque che le coppie variabili=valore sono separate l'una dall'altra attraverso il carattere \fbox{\texttt{\&}}, mentre sono separate dal percorso dello script attraverso \fbox{\texttt{?}}.

Figura 5.1: Url con il metodo GET
\includegraphics[scale=0.9]{fig/get}
Il server web mette a disposizione la stringa a destra del carattere \fbox{\texttt{?}} in un'apposita variabile d'ambiente, $QUERY_STRING. Per ottenere le coppie variabile=valore sarà dunque sufficiente analizzare il contenuto di tale stringa.




Vediamo nella pratica come realizzare lo script.

#!/bin/bash
#
# Esempio di cgi con bash

EXIT_SUCCESS=0

# dichiariamo un vettore in cui salvare i valori delle variabili
# passate con GET

declare -a QUERY


# Una funzione attraverso la quale impostare la parte di testa
# della pagina. La stringa "Content-type: text/html" serve ad istruire
# il browser ad interpretare quanto segue come html. Se avessimo,
# invece scritto "Content-type: text/plain" otterremmo la pagina
# senza che il codice html venga interpretato.
# 
# La funzione accetta un argomento, il titolo della pagina.

sopra () {
    
    cat <<EOF
Content-type: text/html

<HTML>
<HEAD>
  <TITLE>$1</TITLE>
</HEAD>
<BODY>
<!-- fine parte superiore -->

EOF

}


# Con questa funzione, invece, definiamo gli elementi comuni della
# parte inferiore della pagina, in modo da chiuderla correttamente.

sotto () {
    
    cat <<EOF

<!-- inizio parte inferiore -->
</BODY>
</HTML>
EOF

}


# La funzione che segue è il "cuore" dello script, grazie a questa
# possiamo analizzare il contenuto di $QUERY_STRING, ottenere il
# valore di ogni variabile e salvarlo in un elemento del vettore
# $QUERY.
#
# Si noti il particolare modo in cui abbiamo iterato con il ciclo
# while; abbiamo dovuto "sprecare" il primo elemento del vettore. Se
# non avessimo agito in questo modo, infatti, la condizione valutata
# dal ciclo sarebbe stata falsa alla prima esecuzione e non avremmo
# mai ottenuto le variabili che ci interessano. Questo artificio
# simula in qualche modo il ciclo "do ... while" presente in altri
# linguaggi quali ad esempio il C.

analizza_query () {

    i=0
    QUERY[0]="OK"

    while [ -n "${QUERY[${i}]}" ]; do
        # Aumentiamo subito il valore di $i
        ((i=$i+1))
        # Otteniamo il valore delle variabili
        QUERY[${i}]="$(echo $QUERY_STRING | cut -d \& -f ${i} \
            | cut -d = -f 2 | sed 's/+/ /g')"
    done

}


# Questa funzione ci consente di ottenere una form attraverso la quale
# ottenere un input dall'esterno.

prima_pagina () {

    cat <<EOF
<P>
  Inserisci nome e cognome:
</P>

<FORM method="GET" action="$(basename $0)">
  <P>
    <B>Nome</B>:<BR> <INPUT type="TEXT" name="nome">
  </P>
  <P>
    <B>Cognome</B>:<BR> <INPUT type="TEXT" name="cognome">
  </P>
  <INPUT type="SUBMIT">
</FORM>
EOF

}


# Con questa funzione mostriamo i valori ottenuti dall'esterno.

seconda_pagina () {
    cat <<EOF
<H2>
  Ciao ${QUERY[1]} ${QUERY[2]}!
</H2>

<P>
  Hai visto quanto è divertente fare cgi con bash?
</P>

<P>
  <A href="$(basename $0)">Torna alla pagina precedente</A>
</P>
EOF

}

# FINE delle funzioni

analizza_query

if [ -z "${QUERY[1]}" ]; then
    sopra "Inserisci nome e cognome"
    prima_pagina
else
    sopra "Risultato"
    seconda_pagina
fi

sotto
    
exit $EXIT_SUCCESS

Come funziona:

Analizzeremo principalmente parte dellla funzione analizza_query() ed il codice al di sotto di # FINE delle funzioni.




Procediamo con ordine ed occupiamoci in particolare della stringa di codice

QUERY[${i}]="$(echo $QUERY_STRING | cut -d \& -f ${i} \
            | cut -d = -f 2 | sed 's/+/ /g')"
presente all'interto di analizza_query(). QUERY[${i}] è un elemento di un vettore, mentre la stringa di desta è il risultato di una serie di pipe di alcuni comandi,
echo $QUERY_STRING | cut -d \& -f ${i} \
            | cut -d = -f 2 | sed 's/+/ /g'}
Analizziamoli uno ad uno. Il primo, echo $QUERY_STRING, stampa sullo standard output il contenuto della variabile $QUERY_STRING che, grazie alla pipe, diventa standard input di cut -d $\backslash$& -f ${i}. In generale, cut è un comando che serve ad eseguire operazioni avanzate di estrazione di testo da una stringa; in particolare, con la sintassi utilizzata, diciamo a cut di dividere la stringa in campi (Utilizzando come separatore &, che deve essere preceduto da un backslash per evitare che la shell lo interpreti come istruzione) ed estrarne quello di posto ${i}. In questo modo, otteniamo la coppia variabile=valore di posto ${i}.




Il secondo cut è del tutto analogo al primo, tuttavia questa volta si usa come separatore di campi il carattere = (Non ha bisogno di alcun escape) e se ne ritorna il campo di posto 2; così facendo, otteniamo il valore della variabile in esame.




In ultimo, dobbiamo tener presente il fatto che ogni spazio presente nel valore di una variabile viene sostituito con un +, pertanto, quando ritorniamo i valori dobbiamo ricordarci di risostituire ogni occorrenza di + con uno spazio. Questa operazione viene effettuata attraverso il comando \fbox{\texttt{sed 's/+/ /g'}}.




Passiamo ora ad analizzare il resto. Dopo aver dichiarato tutte le funzioni necessarie, inizia la parte dello script che prende le decisioni. Innanzi tutto, lanciamo la funzione analizza_query() e decidiamo cosa fare a seconda del suo operato, infatti controlliamo l'elemento ${QUERY[1]}, se il suo valore non è impostato, allora lo script è stato richiamato senza passare alcun paramentro nell'url, dunque eseguiamo le funzioni sopra() (Passandole come argomento la stringa ``Inserisci nome e cognome'') e prima_pagina() per raccogliere i dati.




Se, invece, il valore di ${QUERY[1]} fosse impostato, allora lo script sarebbe stato richiamato passandogli dei parametri, quindi si richiamerebbero le funzioni sopra() (Argomento ``Risultato'') e seconda_pagina() in modo da mostrare i valori raccolti.




In ultimo, viene richiamata la funzione sotto() per chiudere correttamente il codice html della pagina e si ritorna un valore di successo.


5.3 One-line

Con one-line intendiamo dei semplici script che si sviluppano tutti su una sola linea di codice, utili spesso per portare a termine in un batter d'occhio i lavori sporchi.

5.3.1 Esempio 5.3.1: terminare un processo per nome

Può capitare, ad esempio, di avere a che fare con programmi che non rispondono più ai comandi (raramente) ed occorre dunque terminarli. Andare alla ricerca del PID (Process ID) del processo per poi mandare al programma un segnale di KILL può essere fastidioso, sarebbe più bello se, magari, potessimo fare tutto fornendo il solo nome del programma. Siamo fortunati, leggendo la pagina manuale di ps, possiamo notare l'esistenza dell'opzione -C (Controllate!) che fa proprio al caso nostro. Vediamo, dunque, come fare.

$ kill -9 $(ps -C nome_comando -o pid=)

o

$ kill -KILL $(ps -C nome_comando -o pid=)

Come funziona:

Analizziamo passo passo ciò che abbiamo scritto. Il comando kill serve ad inviare segnali ai processi; nel nostro caso, stiamo inviando il segnale di KILL (terminazione) attraverso l'opzione -9 5.1. Tale comando necessita come input del PID del processo in questione, per questo motivo abbiamo utilizzato l'espanzione di comandi $( ... ) su \fbox{\texttt{ps -C
nome\_comando -o pid=}}, con le opzioni specificate, infatti, ps dà come output il pid5.2del processo lanciato da nome_comando5.3. Per concludere, se volessimo terminare il processo lanciato dal programma gabber5.4 dovremmo digitare i comandi:

$ kill -9 $(ps -C gabber -o pid=)

A. GNU Free Documentation License

Version 1.1, March 2000

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In the combination, you must combine any sections entitled ``History'' in the various original documents, forming one section entitled ``History''; likewise combine any sections entitled ``Acknowledgements'', and any sections entitled ``Dedications''. You must delete all sections entitled ``Endorsements.''

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Bibliografia

1
Richard Stones, Neil Matthew. Beginning Linux Programming. Wrox Press, 1999.

2
Mendel Cooper. Advanced Bash Scripting Guide. 2001.

3
Brian Fox, Chet Ramey. Bash Reference Manual. Free Software Foundation.

4
Ronald L. Graham, Donald E. Knuth, Oren Patashnik. Matematica Discreta Ulrico Hoepli Editore, Milano 1992.


Indice analitico

.
4.6
#
2.1
$( ... )
Come
$(( ... ))
2.4.1.2
$
2.2.1
:
Come
;
Come
=
2.2.1
basename
Come
bc
2.4.1.2
cut
Come
echo
Come
export
2.2.2 | 2.2.2
expr
2.4.1.2
getopts
4.5
hostname
Come | Come
kill
Come
let
2.4.1.2
nc
4.4
ps
Come
read
2.2.1
select
3.3
seq
Esempio
shift
Come
sleep
Come
source
4.6
touch
Come
trap
4.8
true
Come
uname
Come
whatis
1.4
which
Come
Algoritmo di Euclide
Come
Apache
5.2.1
Appunti di Informatica Libera
1.1
Argomenti avanzati
4.
Array
4.2
bit
2.4.6.1
cgi
5.2.1
Ciao mondo
2.1.1
Cicli
3.1
for
3.1.2
until
3.1.3
while
3.1.1
Commenti
2.1
Common Gateway Interface
5.2.1
Condizione
2.4
Descrittori di file
4.3.1
Emacs
1.2
Esempi avanzati
5.
Espansione di parametri
2.3.1
FDL
1.5
File
4.3.1
Free Documentation License
1.5
Funzioni
4.1
ricorsive
4.1.2
variabili locali
4.1.1
Gabber
Come
Giacomini
Daniele
1.1
GNOME
Come
GNU
1.5 | 1.5
GPL
1.5
Here document
4.4
Interprete di comandi
1.1
Istruzioni di selezione
3.2
case
3.2.4
elif
3.2.3
else
3.2.2
if
3.2.1
Jabber
Come
Liste di comandi
2.5
||
2.5
;
2.5
&
2.5
&&
2.5
manpage
1.4
One-line
5.3
Operatori
2.4
su file
2.4.4
di Input/Output
2.4.5
>>
2.4.5.3
>
2.4.5.3
<
2.4.5.2
pipe (|)
2.4.5.1
logici
2.4.2
su bit
2.4.6
su numeri
2.4.1
aritmetici
2.4.1.2
di confronto
2.4.1.1
su stringhe
2.4.3
Opzioni passate ad uno script
4.5
pagina manuale
1.4
Parametri
2.3
posizionali
2.3 | Come
Parole speciali
2.1.1
permessi
Come
PLUTO
1.1
Protocollo SMTP
4.4
Rappresentazione binaria
2.4.6
Reindirizzamento dell'Input/Output
4.3
Apertura di descrittori di file
4.3.2
Duplicare un descrittore di file
4.3.5
Reindirizzamento dell'input
4.3.3
Reindirizzamento dell'output
4.3.4
Sequenze di escape
Come
$\backslash$t
Come
$\mathtt{\backslash}$n
Come
Shee-Bang
2.1
shell
1.1
Subshell
4.7
Traduttori Italiani dei Testi del Progetto
GNU
1.5
Valore di ritorno
Come
Variabili
2.1
locali
2.2.1
d'ambiente
2.2.2
Vettori
4.2
vi
1.2
vim
1.2

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Introduzione allo Shell Scripting

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Copyright © 1993, 1994, 1995, 1996, Nikos Drakos, Computer Based Learning Unit, University of Leeds.
Copyright © 1997, 1998, 1999, Ross Moore, Mathematics Department, Macquarie University, Sydney.

The command line arguments were:
latex2html -show_section_numbers -local_icons -init_file=scripts/latex2html-stylesheet.pl -split 0 bash-intro

The translation was initiated by Domenico Delle Side on 2002-09-23


Footnotes

... x.y.z''1.1
Spieghiamo la convenzione utilizzata: x rappresenta il numero del capitolo, y il numero della sezione e z il numero progressivo dell'esempio.
... legale2.1
Legale secondo la sintassi di Bash, non allarmatevi!
... script2.2
Per eseguire con successo lo script è necessario fornirlo dei giusti permessi. chmod 755 nome_script darà all'utente il permesso di esecuzione sullo script
... d'errore2.3
In /usr/include/asm/errno.h è presente una lista di codici d'errore
...$NOME2.4
D'ora in poi, quando si farà riferimento ad una variabile si userà sempre la scrittura $NOME_VARIABILE
...export2.5
La keyword export è caratteristica della shell Bash, con la shell (t)csh, ad esempio, si usa la parola setenv
... sono2.6
Si tenga presente il fatto che non tutte queste variabili sono impostate dalla shell. Per ottenre una collezione di variabili d'ambiente proprie di Bash, si consulti [3].
...$(...)2.7
L'uso di $(...) è piuttosto recente, in passato si usava racchiudere il comando da eseguire all'interno di apici rovesciati, `...`
...$12.8
È legale anche il parametro $0 che rappresenta il nome dello script
... sono2.9
Per avere l'elenco completo dei parametri disponibili con una breve spiegazione, si consulti la pagina manuale di bash
... comandi2.10
Con la forma [[ ... ]] le cose stanno in maniera leggermente differente. Il lettore interessato può consultare la pagina manuale di Bash o il suo manuale info
... codice3.1
Esercizio: Come si può ricavare il valore di ritorno di un comando?
... $PWD)3.2
La variabile $(ls $PWD) contiene l'output del comando ls $PWD
...test 3.3
A dire il vero, esistono anche altri modi per dare condizioni in pasto ad if, ma chiariremo tutto in seguito.
...pattern3.4
Si consulti a riguardo [3].
... successivamente4.1
Qualora non venga modificato esplicitamente tramite l'uso del comando interno return, il valore di ritorno di una funzione è quello dell'ultimo comando eseguito al suo interno.
... \fbox{\texttt{ls -lh
bg?.\{jpg,png\} non\_esisto
2>/dev/null}}4.2
bg?.{jpg,png}? Cosa vuol dire? È indetto un concorso a premi per chi indovina!
...SMTP4.3
Per maggiori informazioni sul protocollo SMTP, consultate la rfc 821
...getopts4.4
Un sistema per ottenere lo stesso risultato è quello di impostare a zero la variabile $OTPERR.
...<signal.h>4.5
Anche nei file header inclusi.
...-9 5.1
Per una lista completa dei segnali supportati dal comando, si digiti in un terminale kill -l
... pid5.2
Alcuni sistemi mettono a disposizione il comando pidof che consente di ottenere il PID di un processo
...nome_comando5.3
Esercizio: capire perchè avviene quanto detto (basta leggere la manpage).
...gabber5.4
Gabber è il client Jabber per l'ambiente desktop GNOME. Per maggiori informazioni, http://gabber.sf.net
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Introduzione allo Shell Scripting

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Domenico Delle Side 2002-09-23